II Domenica di Pasqua



La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».
Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo;
a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!».
Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!».
Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.
Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. (Gv 20,19-31)

Messaggio di Medjugorje del 25 aprile 2011

Cari figli, come la natura dà i colori più belli dell'anno, così anch'io vi invito a testimoniare con la vostra vita e ad aiutare gli altri ad avvicinarsi al mio Cuore Immacolato perché la fiamma dell'amore verso l'Altissimo germogli nei loro cuori. Io sono con voi e prego incessantemente per voi perché la vostra vita sia il riflesso del paradiso qui sulla terra. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Cristo è risorto veramente! E dunque?

Buona Pasqua, amici miei! Buona Pasqua a tutti!


Il mio augurio si colloca, quest’anno, in un contesto nazionale e internazionale che non è dei migliori. Penso al Giappone, alla Costa d’Avorio, alla Libia, allo Yemen, a Lampedusa... La situazione internazionale suscita non poche e non lievi preoccupazioni e ciò che sta avvenendo in Nord Africa ci tocca da vicino, e non solo per la questione degli sbarchi nella nostra terra di Sicilia.


Penso alle centinaia di milioni di persone senza lavoro, soprattutto giovani.


È l’uomo che è minacciato, insidiato, colpito, ucciso.


Possiamo, in tale contesto, celebrare serenamente la Pasqua, che è «la festa più gioiosa e solenne di tutto l’anno liturgico», cantare la nostra gioia perché Cristo è risorto, e augurare «Buona Pasqua»? Il nostro atteggiamento e le nostre parole non potrebbero essere letti come disumano cinismo dinanzi alla evidente e dura sofferenza dei volti, in particolare di donne e bambini, che ogni giorno vengono fatti scorrere davanti ai nostri occhi?


È la difficoltà espressa dal nostro grande poeta, premio Nobel per la letteratura, Salvatore Quasimodo che, riecheggiando il salmo 137 e riflettendo sull’occupazione nazista, scriveva:


E come potevamo noi cantare


con il piede straniero sopra il cuore,


tra i morti abbandonati nelle piazze


sull’erba dura di ghiaccio, al lamento


d’agnelli dei fanciulli, all’urlo nero


della madre che andava incontro al figlio


crocifisso sul palo del telegrafo.


Alle fronde dei salici, per voto,


anche le nostre cetre erano appese,


oscillavano lievi al triste vento.


Sì, amici miei, non solo possiamo, ma dobbiamo annunciare con maggiore forza: «Il Signore è risorto! È veramente risorto!». Perché questo è un annuncio di speranza. Cristo, vittima innocente di violenza assurda, ha sconfitto la morte ed ha trionfato sulla cattiveria cieca.


Vi chiedo di prendere il vangelo di Matteo, capitolo 28, e di leggere con me i versetti da 1 a 10: Maria di Magdala e l’altra Maria vanno al sepolcro per visitare la tomba dove è stato sepolto Gesù. Un angelo del Signore, il cui aspetto è come folgore e il cui vestito bianco come neve, si avvicina a loro, rotola la pietra e vi si siede sopra. Le guardie si spaventano terribilmente. L’angelo dice alle donne di non avere paura e comunica che Gesù, il crocifisso, non è lì, perché è risorto, e chiede di comunicare la notizia ai discepoli con l’invito ad andare in Galilea per vederlo. Le donne, impaurite e gioiose, lasciano in fretta il sepolcro per andare dai discepoli di Gesù. «Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: “Salute a voi!”. Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: “Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”».


Rilevo solo una parola. Gesù chiede alle donne di andare dai suoi «fratelli». Chi sono questi fratelli? Sono coloro che lo hanno abbandonato, coloro che lo hanno tradito e rinnegato! Eppure Egli non cessa di chiamarli fratelli e di amarli come fratelli.


È vero che con la sua risurrezione il Cristo ha estirpato la radice del male, ma è anche vero che Egli «ha bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore» (Benedetto XVI, 14.4.2009).


Il Signore è veramente risorto! E dunque? Dobbiamo ripartire da Lui e, insieme con Lui, operare perché la comunità umana riscopra l’unica via percorribile per la felicità di tutti, che è la via della fraternità, della pace, della giustizia e dell’amore.


Con affetto crescente auguro a tutti voi buona Pasqua!





Ragusa, Domenica di Pasqua, 24 aprile 2011



Paolo, vescovo

Buona Pasqua di risurrezione!


La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto degli ulivi, videro il macigno rimosso dal sepolcro. Ognuno di noi ha il suo macigno.
Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno,
che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce,
che impedisce la comunicazione con l'altro.
E' il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, del disperazione, del peccato.
Siamo tombe alienate.
Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua, allora, sia per tutti il rotolare del macigno,
la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera dei rapporti nuovi
e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà
per rimuovere il macigno del sepolcro accanto,
si ripeterà finalmente il miracolo
che contrassegbnò la risurrezione di Cristo.

(Don Tonino Bello)

Giornata Diocesana della Gioventù



Sabato 16 aprile alle ore 19,30 ci incontreremo presso la chiesa dei Ss. Apostoli per celebrare insieme la Giornata Dioceana della Gioventù 2011 che ha per tema "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (Col 2,7) Vi aspettiamo numerosi!

Passaparola...

Adorazione della croce


Venerdì 15 aprile


ore 21.00


piazzetta S. Cuore



"Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo perchè

con la tua Santa Croce hai redento il mondo"

4° Assemblea parrocchiale



Mercoledì 13 aprile si terrà la 4° ed ultima Assembela parrocchiale. Tutti i gruppi sono invitati a partecipare per dare il loro contributo. Verrà fatto discernimento sull'anno pastorale 2009/2010 che aveva per tema "Educhiamoci alla testimonianza della carità". Per questa settimana le riunioni dei singoli gruppi sono sospese.

V domenica di quaresima


Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è addormentato, guarirà». Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era gia da quattro giorni nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo». Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, gia manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui. (Gv 11,1-45)


Quando, nella quinta domenica, ci viene proclamata la risurrezione di Lazzaro, siamo messi di fronte al mistero ultimo della nostra esistenza: “Io sono la risurrezione e la vita… Credi questo?” (Gv 11,25-26). Per la comunità cristiana è il momento di riporre con sincerità, insieme a Marta, tutta la speranza in Gesù di Nazareth: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (v. 27). La comunione con Cristo in questa vita ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine in Lui. La fede nella risurrezione dei morti e la speranza della vita eterna aprono il nostro sguardo al senso ultimo della nostra esistenza: Dio ha creato l’uomo per la risurrezione e per la vita, e questa verità dona la dimensione autentica e definitiva alla storia degli uomini, alla loro esistenza personale e al loro vivere sociale, alla cultura, alla politica, all’economia. Privo della luce della fede l’universo intero finisce rinchiuso dentro un sepolcro senza futuro, senza speranza. (Benedetto XVI)

Cos'è la Via Crucis?


La Via Crucis (dal latino, Via della Croce, detta anche Via Dolorosa) è un rito cristiano della Chiesa Cattolica e della Chiesa Anglicana, con cui si ricostruisce e commemora il percorso doloroso di Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota. Alcuni fanno risalire la storia di questa devozione alle visite di Maria, madre di Gesù, presso i luoghi della Passione a Gerusalemme, ma la maggior parte degli storici riconosce l’inizio di essa a Francesco d’Assisi o alla tradizione francescana. Originariamente la vera Via Crucis comportava la necessità di recarsi materialmente in visita presso i luoghi dove Gesù aveva sofferto ed era stato messo a morte. Dal momento che un tale pellegrinaggio era impossibile per molti, la rappresentazione delle stazioni nelle chiese rappresentò un modo di portare idealmente a Gerusalemme ciascun credente. Tale pratica popolare venne diffusa dai pellegrini di ritorno dalla Terrasanta e principalmente dai Minori Francescani che avevano la custodia dei Luoghi Santi di Palestina. Inizialmente la Via Crucis come serie di quattordici “quadri” si diffonde in Spagna nella prima metà del XVII sec. e venne istituita esclusivamente nelle chiese dei Minori Osservanti e Riformati. Nel 1731 Clemente XII estese la facoltà di istituire la Via Crucis anche nelle altre chiese. Uno dei maggiori ideatori e propagatori della Via Crucis fu San Leonardo da Porto Maurizio, frate minore francescano che ne creò personalmente alcune centinaia.

Oggi tutte le chiese cattoliche dispongono di una “Via dolorosa” o almeno di una sequenza murale interna. L’ordine lungo le pareti non segue una regola precisa, può infatti essere indifferentemente orario o antiorario. Varie di queste stazioni corrispondono a episodi evangelici. Altre, come le cadute di Gesù e l’incontro con la madre, sono state introdotte dalla devozione popolare. La stazione della Veronica è legata, secondo una tradizione, al telo in cui è stata conservata l’immagine del volto sfigurato di Gesù. Nella nostra parrocchia è ormai tradizione, i venerdì di quaresima, la pratica della Via Crucis, in chiesa dopo la messa e la sera, le vie del quartiere si animano di giovani, adulti e anziani che percorrendo le vie del quartiere rivivono la memoria storica dei luoghi dove Cristo ha sofferto.

Ogni venerdi di quaresima si celebrerà la Via Crucis nelle zone pastorali del territorio parrocchiale, ciascuna animata dai gruppi della zona e negli orari stabiliti. In chiesa invece si terrà subito dopo la messa delle 19.00.

IV domenica di Quaresima


Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Và a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «E' lui»; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli chiesero: «Come dunque ti furono aperti gli occhi?». Egli rispose: «Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Và a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è questo tale?». Rispose: «Non lo so». Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un peccatore compiere tali prodigi?». E c'era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «E' un profeta!». Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «E' questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori risposero: «Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano gia stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età, chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quegli rispose: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho gia detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi. Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane». (Gv 9,1-41)

La “domenica del cieco nato” presenta Cristo come luce del mondo. Il Vangelo interpella ciascuno di noi: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. “Credo, Signore!” afferma con gioia il cieco nato, facendosi voce di ogni credente. Il miracolo della guarigione è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo riconoscere in Lui l’unico nostro Salvatore. Egli illumina tutte le oscurità della vita e porta l’uomo a vivere da “figlio della luce”. (Bendetto XVI)