Da Kilomoni gli auguri di P. Amato

Carissimi, 
con grande gioia vi scrivo questa lettera e poter condividere con voi la bella esperienza che il Signore  mi ha dato la grazia di fare qui nel Congo. Veramente io sono un uomo felice e non so come ringraziare il Signore per la vita missionaria che mi ha concesso di vivere.  Tutto è grazia!  Da un anno sono a Kilomoni – Uvira – sulla strada che porta a Bujumbura, capitale del Burundi. Quindi mi trovo vicino alla frontiera. La zona si chiama Kilomoni; una striscia di terra tra il grande lago Tanganika e una vasta palude. La malaria è di casa! La gente è molto povera ed è di diverse tribù. Essendo vicino al lago, da qualche anno la zona sta diventando turistica, per cui molti costruiscono grandi case per turismo e commercio essendo anche vicino alla frontiera. Per la grande maggioranza la povertà è estrema e si vive nella precarietà assoluta. Sto imparando il kiswahili e me la cavo un po’. Scuola per i bambini e salute per tutti sono i problemi più grossi.
In poco meno di un anno la nostra casa di spiritualità è conosciutissima per le tante attività che ho già organizzato. La prima grande attività è stata quella della Colonia delle vacanze, una specie di grest nostro.     L’ho organizzata a sfondo missionario per i bambini dai 5 anni ai 13 anni. Era la prima volta e pensavamo a qualche centinaio di bambini, ma la nostra sorpresa è stata grande a vedere oltre 1200 bambini di tutte le religioni nella nostra zona solamente. Con un gruppo di 60 giovani che ho preparato a questo scopo, abbiamo organizzato i bambini secondo i 5 continenti e relativi colori e secondo l’età: 5-8 anni; 9-10 anni e 11-13 anni dando ai tre gruppi i nomi rispettivi di fraternità, solidarietà e tolleranza. Così abbiamo avuto tre gruppi per ogni continente con un totale di 15 gruppi da gestire e da animare, cantando, gridando, giocando, pregando, raccontando storielle e vedendo filmati….e alla fine dando ogni giorno qualcosa da mangiare che alcune signore  del gruppo preparavano prima di mezzogiorno. Dire che i bambini si sono divertiti è troppo poco perché la colonia è riuscita talmente bene che adesso dovunque io passi, tutti gridano: Amato…Amato!!!
Nelle magliette degli animatori e nei nastri da legare sulla testa dei bambini con i 5 colori dei continenti  abbiamo scritto in kiswahili: YESU MBELE – e tutti rispondo SISI NYUMA che significa: GESU’ AVANTI – NOI DIETRO. E’ diventato il saluto di tutti i bambini, lo slogan e anche il canto con delle strofe di fede in Gesù e saluto per tutti i bambini del mondo.
Per questa iniziativa ho avuto un aiuto speciale da parte dei Padri Scolopi di Firenze che  ci ha permesso di comprare pentole e piatti di plastica, magliette con scritte e nastri per oltre 1000 bambini con i diversi colori dei continenti, stoffe per fare bandiere e corde colorate per dividere i diversi gruppi… ma soprattutto ci ha aiutato a dare qualcosa da mangiare a tutti i bambini e agli animatori, riso fagioli, farine di mais sorgo soja, zucchero etc..  Tengo a ringraziarli sentitamente.
Dopo la colonia, il nostro scopo era di non finire l’esperienza come qualcosa solo delle vacanze estive, ma potere continuare con i bambini anche durante l’anno e così ho cominciato a organizzarli come SANTA INFANZIA MISSIONARIA, per aiutarli a superare i problemi tribali e educarli ai valori universali.  Li riuniamo ogni due mesi e i bambini che vengono sono oltre 800.
Kujifunza ni haki   Studiare è un diritto per tutti- ma qui non è rispettato alcun diritto. La gente è poverissima, molto spesso vedove con molti figli a carico. Il marito morto oppure partito da mesi o da anni senza dare notizie…Io non do colpa a nessuno ma vedo e cerco di dare una risposta… Io penso che ci sia una grande gioia in cielo quando i bambini sorridono in terra, perché sono curati, nutriti bene, educati e aiutati a crescere armoniosamente. Per questo stiamo aiutando molti bambini a studiare pagando per loro la retta scolastica e anche a volte quaderni e uniforme. Sono già oltre 200 quelli che aiutiamo. L’aiuto che mi arriva da parte di molti amici serve in gran parte a fare studiare bambini e farli curare se sono malati.
Salute per tutti.  Anche in questo settore stiamo facendo molto. Per molta gente che vive a stento e riesce a pena a mangiare, il problema della salute è una spesa straordinaria non prevista. Abbiamo iniziato la mutuelle de santé (cassa mutua) ma non sempre funziona. Quest’anno con l’aiuto della nostra Diocesi di Ragusa abbiamo potuto fare curare oltre 320 persone tra bambini e adulti, alcuni scrivendoli alla mutuelle de santé e altri pagando per loro la fattura. Per avere un’idea: per la cura di una malaria che richiede 4 o 5 serums, (bottiglie intravenose) la spesa è di oltre 60$. E per la povera gente è impossibile da pagare. Ci vorrebbero le adozioni per gli ammalati !!!!!!.
Quest’anno abbiamo avuto l’esperienza di BAHATI AMATO.  Quando una donna partorisce e muore, per il bambino che resta sono problemi. Ho seguito io stesso tre casi di bambini affidati alla famiglia e morti dopo qualche giorno per mancanza di cibo o altro, pur dando i soldi per comprare latte.  Bahati Amato avrebbe avuto la stessa sorte se non lo avessimo tenuto al dispensario dopo la morte della sua giovane mamma. Il padre era assente e l’ha portato la sua vecchia nonna non sapendo cosa fare. Questa volta abbiamo deciso di tenerlo e si trova ancora al dispensario dove cresce in buona salute. Gli è stato dato subito il nome di Bahati che significa “fortunato” e l’altro di Amato gli è stato dato al momento del battesimo. Il padre che è cristiano ha voluto dare il mio nome per ricordarsi che siamo noi che glielo abbiamo salvato.  E’ difficile per una famiglia fare crescere un neonato se la madre muore, e dover comprare il latte in polvere ogni settimana per la somma di 10$. Tenendo Bahati Amato abbiamo cominciato un mini-orfanotrofio con tutto quello che questo servizio comporta…e siamo felici di poter aiutare dei bambini a non morire.   Da quest’anno io non mi occupo più della scuola di Mushununu di cui si occupano già i nostri confratelli di Panzi  e così posso pensare in pieno ai bisogni dei bambini e dei poveri di Kilomoni.Avrei tante cose da dirvi, ma mi limito solo a queste notizie  che ritengo le più importanti. Vi abbraccio affettuosamente e vi ricordo nelle mie preghiere. Vi auguro un Buon Natale e un Anno nuovo pieno di grazie da parte di Dio. Grazie.
P. AMATO  Sebastiano

A Natale si rinasce (gli auguri del vescovo)

Buon Natale, amici miei.
Buon Natale a tutti. Mentre vi rivolgo questo sincero e affettuoso augurio, penso a ciò che accade nel nostro piccolo e grande mondo e mi chiedo: qual è oggi, nel tessuto della nostra vita, la “ricaduta” dell’avvenimento che ha cambiato la storia degli uomini. A Natale, si dice, si è più buoni! Ma è veramente così? Si può essere buoni solo a Natale? Al di là della facile retorica e di un buonismo superficiale e vuoto, la celebrazione del Natale esige un reale e duraturo cambiamento di vita. Nei giorni scorsi ho riletto “Un canto di Natale” di Charles Dickens (a cura di Marisa Sestito, Marsilio, 2005) e mi piace riportarvi lo scambio di battute tra Elbenezer Scrooge, il protagonista del racconto, e suo nipote: “Felice, Natale, zio! Dio ti protegga!... Bah!, disse Scrooge, Fesserie! Natale una fesseria, zio!... Non lo pensi davvero, ne sono sicuro. Sì che lo penso... Felice Natale! che diritto hai tu di essere felice? che ragione hai tu di essere felice, da quel povero diavolo che sei? E allora dimmi, gli rispose allegramente il nipote. Che diritto hai tu di essere cupo? Che ragione hai tu di essere scontento, ricco come sei?... Non essere di malumore, zio... Come posso non esserlo, ... se vivo in un mondo di scemi? Felice Natale! Bella roba! Cos’è il Natale per te, se non il tempo in cui devi pagare i conti senza avere i quattrini; il tempo in cui ti ritrovi più vecchio di un anno e neanche di un’ora più ricco; il tempo in cui devi fare il bilancio e dopo dodici mesi tutte le voci nei tuoi libri contabili ti si presentano in passivo?...” (pp. 53.55). Scrooge è un uomo “duro e tagliente come una selce da cui mai acciaio aveva tratto generoso fuoco; chiuso, circospetto, solitario come un’ostrica. Il freddo che aveva dentro congelava la vecchia faccia, affilava il naso appuntito, avvizziva le guance, irrigidiva il passo; arrossava gli occhi, illividiva le labbra sottili e fuoriusciva bruscamente nella voce aspra...” (p. 49).
Ma, poi, durante la notte di Natale, nel drammatico incontro con gli spiriti del suo Natale passato, presente e futuro, comprende che l’avidità lo sta distruggendo, isolandolo sempre più da tutti e suscitando attorno a sé ironia e rancore. Decide, quindi, di cambiare vita, da subito e radicalmente, compiendo gesti di attenzione e di amore e ristabilendo relazioni serene e affettuose. “L’opinione generale fu che se vi era uomo al mondo capace di celebrare degnamente il Natale, quello era lui”. E il narratore annota: “Che questo si possa dire spassionatamente di noi, di tutti noi! (p. 229). Se noi, amici miei, vogliamo “celebrare degnamente il Natale”, dobbiamo: - accogliere, a cuore aperto, Dio che si fa bambino e viene nel mondo per stare con noi; - condividere questo amore con le persone che il Signore mette sulla nostra strada; - riconoscere, come cantiamo con Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, che “su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte” è sorto un sole che risplende e guida su sentieri di pace (cfr. Vangelo di Luca, capitolo 1, versetti 78-79); - lasciarci illuminare e rivestirci della luce per diradare le tenebre sul nostro cammino e su quello dei nostri compagni di viaggio. Nel Bambino nato a Betlemme “era la vita, ci dice S. Giovanni, e la vita era la luce degli uomini... la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Vangelo secondo Giovanni, capitolo 1, versetti 4 e 9); - diffondere la certezza che il Signore ci offre sempre una ulteriore possibilità di riscatto e che è possibile dare una svolta alla nostra vita, abbandonando chiusure ed egoismi. Nella parte conclusiva del racconto che vi ho citato, il narratore riferisce che “alcuni risero” nel vedere Scrooge così cambiato, ma Scrooge “li lasciò ridere e non se ne curò; poiché era saggio abbastanza da sapere che su questa terra non accadeva mai nulla di definitivo” (p. 229). Fidiamoci del Bambino. E se glielo chiediamo col cuore, e non solo con le labbra, sarà felice di “darci una mano” per cambiare vita e “celebrare degnamente il Natale”. Nelle vostre preghiere non dimenticate il seminario. Pregate per i nostri sette seminaristi, sei a Ragusa e uno a Pavia, e per i loro formatori. E pregate anche per me e per la nostra Chiesa. Buon Natale, amici miei. Buon Natale a tutti. E, come osserva Timmy alla fine del racconto, “Dio ci benedica, benedica ognuno di noi!” (p. 229).
Ragusa, Natale 2013
+  Paolo Urso, vescovo

IV domenica di Avvento

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa quarta domenica di Avvento, il Vangelo ci racconta i fatti che precedettero la nascita di Gesù, e l’evangelista Matteo li presenta dal punto di vista di san Giuseppe, il promesso sposo della Vergine Maria.
Giuseppe e Maria vivevano a Nazareth; non abitavano ancora insieme, perché il matrimonio non era ancora compiuto. In quel frattempo, Maria, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo, divenne incinta per opera dello Spirito Santo. Quando Giuseppe si accorge di questo fatto, ne rimane sconcertato. Il Vangelo non spiega quali fossero i suoi pensieri, ma ci dice l’essenziale: egli cerca di fare la volontà di Dio ed è pronto alla rinuncia più radicale. Invece di difendersi e di far valere i propri diritti, Giuseppe sceglie una soluzione che per lui rappresenta un enorme sacrificio. E il Vangelo dice: «Poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (1,19).
Questa breve frase riassume un vero e proprio dramma interiore, se pensiamo all’amore che Giuseppe aveva per Maria! Ma anche in una tale circostanza, Giuseppe intende fare la volontà di Dio e decide, sicuramente con gran dolore, di congedare Maria in segreto. Bisogna meditare su queste parole, per capire quale sia stata la prova che Giuseppe ha dovuto sostenere nei giorni che hanno preceduto la nascita di Gesù. Una prova simile a quella del sacrificio di Abramo, quando Dio gli chiese il figlio Isacco (cfr  Gen 22): rinunciare alla cosa più preziosa, alla persona più amata.
Ma, come nel caso di Abramo, il Signore interviene: ha trovato la fede che cercava e apre una via diversa, una via di amore e di felicità: «Giuseppe – gli dice – non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20).
Questo Vangelo ci mostra tutta la grandezza d’animo di san Giuseppe. Egli stava seguendo un buon progetto di vita, ma Dio riservava per lui un altro disegno, una missione più grande. Giuseppe era un uomo che dava sempre ascolto alla voce di Dio, profondamente sensibile al suo segreto volere, un uomo attento ai messaggi che gli giungevano dal profondo del cuore e dall’alto. Non si è ostinato a perseguire quel suo progetto di vita, non ha permesso che il rancore gli avvelenasse l’animo, ma è stato pronto a mettersi a disposizione della novità che, in modo sconcertante, gli veniva presentata. E’ così, era un uomo buono. Non odiava, e non ha permesso che il rancore gli avvelenasse l’animo. Ma quante volte a noi l’odio, l’antipatia pure, il rancore ci avvelenano l’anima! E questo fa male. Non permetterlo mai: lui è un esempio di questo. E così, Giuseppe è diventato ancora più libero e grande. Accettandosi secondo il disegno del Signore, Giuseppe trova pienamente se stesso, al di là di sé. Questa sua libertà di rinunciare a ciò che è suo, al possesso sulla propria esistenza, e questa sua piena disponibilità interiore alla volontà di Dio, ci interpellano e ci mostrano la via.
Ci disponiamo allora a celebrare il Natale contemplando Maria e Giuseppe: Maria, la donna piena di grazia che ha avuto il coraggio di affidarsi totalmente alla Parola di Dio; Giuseppe, l’uomo fedele e giusto che ha preferito credere al Signore invece di ascoltare le voci del dubbio e dell’orgoglio umano. Con loro, camminiamo insieme verso Betlemme.
Papa Francesco
(Angelus del 22 dicembre 2013)

Santa Francesca Cabrini

Francesca nacque il 15 luglio 1850 e rimasta orfana desiderava chiudersi in convento, ma non fu accettata a causa della sua salute malferma.
Accettò allora l'incarico di accudire un orfanotrofio. Da poco diplomata maestra, la ragazza fece ben di più: convinse alcune compagne ad unirsi a lei, costituendo il primo nucleo delle Suore missionarie del Sacro Cuore nel 1880. Sognava di partire per la Cina, ispirandosi a San Francesco Saverio, ma il Papa le indicò quale luogo di missione l’America, dove migliaia e migliaia di emigranti italiani, partiti sognando di trovare condizioni di vita migliori, vivevano in disumane condizioni. Anche lei nella prima delle sue ventiquattro traversate oceaniche condivise i disagi e le incertezze dei nostri compatrioti, poi con straordinario coraggio affrontò la metropoli di New York, badando agli orfani e agli ammalati, costruendo case, scuole e un grande ospedale. Andò poi a Chicago e in California, per allargare ancora la sua opera in tutta l'America, sino all'Argentina. La morte la colse in piena attività il 22 dicembre 1917. Nei suoi quaderni scrisse “Oggi è tempo che l'amore non sia nascosto, ma diventi operoso, vivo e vero”.


III Domenica di Avvento (Gaudete)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi è la terza domenica di Avvento, detta anche domenica Gaudete,  cioè domenica della gioia. Nella liturgia risuona più volte l’invito a gioire, a rallegrarsi, perché? Perché il Signore è vicino. Il Natale è vicino. Il messaggio cristiano si chiama “evangelo”, cioè “buona notizia”, un annuncio di gioia per tutto il popolo; la Chiesa non è un rifugio per gente triste, la Chiesa è la casa della gioia! E coloro che sono tristi trovano in essa la gioia, trovano in essa la vera gioia!
Ma quella del Vangelo non è una gioia qualsiasi. Trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio. Come ci ricorda oggi il profeta Isaia (cfr 35,1-6a.8a.10), Dio è colui che viene a salvarci, e presta soccorso specialmente agli smarriti di cuore. La sua venuta in mezzo a noi irrobustisce, rende saldi, dona coraggio, fa esultare e fiorire il deserto e la steppa, cioè la nostra vita quando diventa arida. E quando diventa arida la nostra vita? Quando è senza l’acqua della Parola di Dio e del suo Spirito d’amore. Per quanto siano grandi i nostri limiti e i nostri smarrimenti, non ci è consentito essere fiacchi e vacillanti di fronte alle difficoltà e alle nostre stesse debolezze. Al contrario, siamo invitati ad irrobustire le mani, a rendere salde le ginocchia, ad avere coraggio e non temere, perché il nostro Dio ci mostra sempre la grandezza della sua misericordia. Lui ci dà la forza per andare avanti. Lui è sempre con noi per aiutarci ad andare avanti. E’ un Dio che ci vuole tanto bene, ci ama e per questo è con noi, per aiutarci, per irrobustirci e andare avanti. Coraggio! Sempre avanti! Grazie al suo aiuto noi possiamo sempre ricominciare da capo. Come? Ricominciare da capo? Qualcuno può dirmi: “No, Padre, io ne ho fatte tante… Sono un gran peccatore, una grande peccatrice… Io non posso rincominciare da capo!”. Sbagli! Tu puoi ricominciare da capo! Perché? Perché Lui ti aspetta, Lui è vicino a te, Lui ti ama, Lui è misericordioso, Lui ti perdona, Lui ti dà la forza di ricominciare da capo! A tutti! Allora siamo capaci di riaprire gli occhi, di superare tristezza e pianto e intonare un canto nuovo. E questa gioia vera rimane anche nella prova, anche nella sofferenza, perché non è una gioia superficiale, ma scende nel profondo della persona che si affida a Dio e confida in Lui.
La gioia cristiana, come la speranza, ha il suo fondamento nella fedeltà di Dio, nella certezza che Lui mantiene sempre le sue promesse. Il profeta Isaia esorta coloro che hanno smarrito la strada e sono nello sconforto a fare affidamento sulla fedeltà del Signore, perché la sua salvezza non tarderà ad irrompere nella loro vita. Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli. La nostra gioia è Gesù Cristo, il suo amore fedele inesauribile! Perciò, quando un cristiano diventa triste, vuol dire che si è allontanato da Gesù. Ma allora non bisogna lasciarlo solo! Dobbiamo pregare per lui, e fargli sentire il calore della comunità.
La Vergine Maria ci aiuti ad affrettare il passo verso Betlemme, per incontrare il Bambino che è nato per noi, per la salvezza e la gioia di tutti gli uomini. A lei l’Angelo disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Lei ci ottenga di vivere la gioia del Vangelo in famiglia, al lavoro, in parrocchia e in ogni ambiente. Una gioia intima, fatta di meraviglia e di tenerezza. Quella che prova una mamma quando guarda il suo bambino appena nato, e sente che è un dono di Dio, un miracolo di cui solo ringraziare!

Papa Francesco
Angelus del 15 dicembre 2013

Incontri biblici

Nell'anno pastorale 2013/2014 che ha come tema "Educhiamoci alla corresponsabilità", l'Ufficio Catechistico Apostolato Biblico, terrà degli incontri di presentazione e approfondimento sulla Lettera agli Efesini.
Gli incontri si terranno a Comiso nella parrocchia Santi Apostoli dalle ore 16,00 alle ore 18,30 secondo il seguente calendario:

09/11/13
14/12/13 
11/01/14 
08/02/14 

2° Incontro diocesano adoratori


Domenica 15 dicembre presso il teatro tenda a Ragusa si terrà il 2° incontro diocesano per gli adoratori dal tema "Eucaristia e corresponsabilità". Ecco il programma dettagliato dell'incontro:

Ore 16.00 Accoglienza
Ore 16.30 Preghiera di lode
Ore 17.00 Meditazione: Eucarestia e corresponsabiità
Ore 18.00 Pausa 
Ore 18.15 Celebrazione Eucaristica presieduta dal nostro Vescovo Paolo
Ore 19.15 Adorazione 
Ore 20.00 Benedizione Eucaristica e saluti finali

II domenica di Avvento

Cari fratelli e sorelle, buongiorno,
questa seconda domenica di Avvento cade nel giorno della festa dell’Immacolata Concezione di Maria, e allora il nostro sguardo è attratto dalla bellezza della Madre di Gesù, la nostra Madre! Con grande gioia la Chiesa la contempla «piena di grazia» (Lc 1,28), e cominciando con queste parole la salutiamo tutti assieme: “piena di grazia”. Tre volte diciamo: “Piena di grazia!” Tutti: Piena di grazia! Piena di grazia! Piena di grazia!E così Dio l’ha guardata fin dal primo istante nel suo disegno d’amore. L’ha guardata bella, piena di grazia. E’ bella la nostra Madre!Maria ci sostiene nel nostro cammino verso il Natale, perché ci insegna come vivere questo tempo di Avvento nell’attesa del Signore. Perché questo tempo di Avvento è un’attesa del Signore, che ci visiterà tutti nella festa, ma anche, ognuno, nel nostro cuore. Il Signore viene! Aspettiamolo!
Il Vangelo di san Luca ci presenta Maria, una ragazza di Nazareth, piccola località della Galilea, nella periferia dell’impero romano e anche nella periferia di Israele. Un paesino. Eppure su di lei, quella ragazza di quel paesino lontano, su di lei, si è posato lo sguardo del Signore, che l’ha prescelta per essere la madre del suo Figlio. In vista di questa maternità, Maria è stata preservata dal peccato originale, cioè da quella frattura nella comunione con Dio, con gli altri e con il creato che ferisce in profondità ogni essere umano. Ma questa frattura è stata sanata in anticipo nella Madre di Colui che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato. L’Immacolata è inscritta nel disegno di Dio; è frutto dell’amore di Dio che salva il mondo.
E la Madonna non si è mai allontanata da quell’amore: tutta la sua vita, tutto il suo essere è un “sì” a quell’amore, è un “sì” a Dio. Ma non è stato certamente facile per lei! Quando l’Angelo la chiama «piena di grazia» (Lc 1,28), lei rimane «molto turbata», perché nella sua umiltà si sente un nulla davanti a Dio. L’Angelo la conforta: «Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio … e lo chiamerai Gesù» (v. 30). Questo annuncio la sconvolge ancora di più, anche perché non era ancora sposata con Giuseppe; ma l’Angelo aggiunge: «Lo Spirito Santo scenderà su di te … Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (v. 35). Maria ascolta, obbedisce interiormente e risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (v. 38).
Il mistero di questa ragazza di Nazareth, che è nel cuore di Dio, non ci è estraneo. Non è lei là e noi qui. No, siamo collegati. Infatti Dio posa il suo sguardo d’amore su ogni uomo e ogni donna! Con nome e cognome. Il suo sguardo di amore è su ognuno di noi. L’Apostolo Paolo afferma che Dio «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati» (Ef 1,4). Anche noi, da sempre, siamo stati scelti da Dio per vivere una vita santa, libera dal peccato. E’ un progetto d’amore che Dio rinnova ogni volta che noi ci accostiamo a Lui, specialmente nei Sacramenti.
In questa festa, allora, contemplando la nostra Madre Immacolata, bella, riconosciamo anche il nostro destino più vero, la nostra vocazione più profonda: essere amati, essere trasformati dall’amore, essere trasformati dalla bellezza di Dio. Guardiamo lei, nostra Madre, e lasciamoci guardare da lei, perché è la nostra Madre e ci ama tanto; lasciamoci guardare da lei per imparare a essere più umili, e anche più coraggiosi nel seguire la Parola di Dio; per accogliere il tenero abbraccio del suo Figlio Gesù, un abbraccio che ci dà vita, speranza e pace.

Papa Francesco 
(Angelus del 8 dicembre 2013)

I Domenica di Avvento

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Iniziamo oggi, Prima Domenica di Avvento, un nuovo anno liturgico, cioè un nuovo cammino del Popolo di Dio con Gesù Cristo, il nostro Pastore, che ci guida nella storia verso il compimento del Regno di Dio. Perciò questo giorno ha un fascino speciale, ci fa provare un sentimento profondo del senso della storia. Riscopriamo la bellezza di essere tutti in cammino: la Chiesa, con la sua vocazione e missione, e l’umanità intera, i popoli, le civiltà, le culture, tutti in cammino attraverso i sentieri del tempo.
Ma in cammino verso dove? C’è una mèta comune? E qual è questa mèta? Il Signore ci risponde attraverso il profeta Isaia, e dice così: «Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno:  “Venite, saliamo al monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri”» (2,2-3). Questo è quello che dice Isaia sulla meta dove andiamo. E’ un pellegrinaggio universale verso una meta comune, che nell’Antico Testamento è Gerusalemme, dove sorge il tempio del Signore, perché da lì, da Gerusalemme, è venuta la rivelazione del volto di Dio e della sua legge. La rivelazione ha trovato in Gesù Cristo il suo compimento, e il “tempio del Signore” è diventato Lui stesso, il Verbo fatto carne: è Lui la guida ed insieme la meta del nostro pellegrinaggio, del pellegrinaggio di tutto il Popolo di Dio; e alla sua luce anche gli altri popoli possono camminare verso il Regno della giustizia, verso il Regno della pace.
Dice ancora il profeta: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (2,4). Mi permetto di ripetere questo che dice il Profeta, ascoltate bene: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra». Ma quando accadrà questo? Che bel giorno sarà, nel quale le armi saranno smontate, per essere trasformate in strumenti di lavoro! Che bel giorno sarà quello! E questo è possibile! Scommettiamo sulla speranza, sulla speranza della pace, e sarà possibile!
Questo cammino non è mai concluso. Come nella vita di ognuno di noi c’è sempre bisogno di ripartire, di rialzarsi, di ritrovare il senso della mèta della propria esistenza, così per la grande famiglia umana è necessario rinnovare sempre l’orizzonte comune verso cui siamo incamminati. L’orizzonte della speranza! Questo è l’orizzonte per fare un buon cammino. Il tempo di Avvento, che oggi di nuovo incominciamo, ci restituisce l’orizzonte della speranza, una speranza che non delude perché è fondata sulla Parola di Dio. Una speranza che non delude, semplicemente perché il Signore non delude mai! Lui è fedele! Lui non delude! Pensiamo e sentiamo questa bellezza.
Il modello di questo atteggiamento spirituale, di questo modo di essere e di camminare nella vita, è la Vergine Maria. Una semplice ragazza di paese, che porta nel cuore tutta la speranza di Dio! Nel suo grembo, la speranza di Dio ha preso carne, si è fatta uomo, si è fatta storia: Gesù Cristo. Il suo Magnificat è il cantico del Popolo di Dio in cammino, e di tutti gli uomini e le donne che sperano in Dio, nella potenza della sua misericordia. Lasciamoci guidare da lei, che è madre, è mamma e sa come guidarci. Lasciamoci guidare da Lei in questo tempo di attesa e di vigilanza operosa.
Papa Francesco
(Angelus del 1 dicembre 2013)