Al
Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa Cattolica, rende un culto di lode, intendendo
così onorare: il Cuore di Gesù Cristo,
uno degli organi simboleggianti la sua umanità, che per l’intima unione con la
Divinità, ha diritto all’adorazione e l’amore del Salvatore per gli uomini, di
cui è simbolo il Suo Cuore.
Questa devozione già praticata nell’antichità cristiana e nel Medioevo, si
diffuse nel secolo XVII ad opera di S. Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto
di S. Margherita Maria Alacoque (1647-1690). La festa del Sacro Cuore fu
celebrata per la prima volta in Francia, probabilmente nel 1685.
Santa
Margherita Maria Alacoque, suora francese, entrò il 20 giugno 1671 nel convento
delle Visitandine di Paray-le-Monial, visse con grande semplicità la sua esperienza
di religiosa e mistica. Il divin Cuore si manifestò su un trono di fiamme, più
raggiante del sole e trasparente come cristallo, circondato da una corona di
spine simboleggianti le ferite inferte dai nostri peccati e sormontato da una
croce, poi Gesù la sollecitò a fare la Comunione al primo venerdì di ogni mese
e di prosternarsi con la faccia a terra dalle undici a mezzanotte, nella notte tra
il giovedì e il venerdì. Gesù chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del
Corpus Domini, fosse dedicato a una festa particolare per onorare il suo Cuore
con Comunioni per riparare alle offese da lui ricevute.
Margherita Maria
Alacoque proclamata santa nel 1920 da papa Benedetto XV, ubbidì all’appello
divino nelle visioni e divenne l’apostola di una devozione che doveva
trasportare l’adorazione dei fedeli al Cuore divino.
Sull’onda
della devozione che ormai co-involgeva tutto il mondo cattolico, sorsero
dappertutto cappelle, oratori, chiese, basiliche e santuari dedicati al Sacro
Cuore di Gesù; ricordiamo uno fra tutti il Santuario “Sacro Cuore” a Montmartre
a Parigi.
Il
15 maggio del 1956 il Papa Pio XII pubblicò l'enciclica Haurietis Aquas in
cui il Papa ricorda l'istituzione della festa del Sacro Cuore - estesa a tutta
la Chiesa - da parte di Pio IX il 23 agosto 1856. L'enciclica
Haurietis Aquas ha messo
in risalto il significato profondo di tale devozione, cioè l’amore di Dio, che
dall’eternità ama il mondo e ha dato per esso il suo Figlio (Gv 3,16; cfr. Rm
8, 32).
Il punto di arrivo odierno lo potremmo vedere nella
enciclica di papa Benedetto XVI Deus caritas est. Egli scrive: «Nella storia d’amore che la Bibbia ci
racconta, Dio ci viene incontro, cerca di conquistarci – fino all’Ultima Cena,
fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto…»; e
conclude dicendo: «Allora cresce l’abbandono in Dio e Dio diventa la nostra
gioia (cfr. Sal 73 [72], 23-28)». Non si tratta quindi di venerare soltanto il
Cuore di Gesù come simbolo concreto dell’amore di Dio per noi, ma di
contemplare la pienezza cosmica della figura di Cristo: «Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in
lui… perché piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza» (Col 1, 17.19).
Pardi Giusy
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