Tutti ormai abbiamo preso coscienza del profondo mutamento sociale che ha investito la nostra società e che continua a ridisegnarne un volto sempre più multietnico. Sto parlando del fenomeno dell’immigrazione. Secondo le ultime stime statistiche, infatti, nella sola provincia di Ragusa il numero di immigrati raggiunge le 21.000 unità.
Pertanto quello dell’immigrazione è un fenomeno che ci tocca sempre più da vicino: sono i nostri vicini di casa, i nostri colleghi di lavoro, i genitori dei compagni di scuola dei nostri figli. É impossibile negare o voler risolvere superficialmente il problema. Bisogna che ci si interroghi seriamente se si vuole affrontare e non solamente subire questo fenomeno, cercando di cogliere e valorizzare i tanti aspetti positivi che esso porta con sè.
La chiesa da buona madre, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, si è attivata per venire incontro a queste nuove realtà attraverso una vera e propria pastorale dei migranti e dedicando ad essi una giornata mondiale che quest’anno verrà celebrata il 15 gennaio.
Gesù stesso è stato straniero in terra d’Egitto quando con Maria e Giuseppe vi si recarono per sfuggire alla persecuzione di Erode. Nel dramma della famiglia di Nazaret intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti. Sono tanti e svariati i motivi che spingono uomini e donne a lasciare il loro paese d’origine per approdare nelle nostre coste: mancanza di lavoro, persecuzioni politiche o religiose, ecc. , motivi questi intrisi di un forte sentimento di speranza e desiderio di rinascita.
Allora ci si chiede come un cristiano debba leggere questa realtà complessa?
Innanzitutto, il primo passo da fare è quello di liberarci da quegli stereotipi che ci impediscono di guardare la realtà nella sua vera essenza. Spesso, accade che, a seguito del contatto diretto con queste persone, il pregiudizio iniziale lascia il posto alla fiducia e all’amicizia. Potremmo testimoniarlo in tanti.
Per un cristiano, poi, l’incontro con qualsiasi uomo è una ricchezza, tanto più quando si tratta di persone con una cultura molto diversa dalla nostra e perfino con una religione diversa. Per chi ha una visione di fede la diversità non diventa un ostacolo ma un dono, per il semplice fatto che in ogni uomo è impresso il sigillo di Dio, perciò ogni uomo è un essere da amare, da rispettare, da accogliere, da servire. Tutto sta nel saper scorgere in ogni fratello il volto del Dio sofferente che ci dice “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35).
Chiediamoci anche: a livello parrocchiale come ci stiamo muovendo? Abbiamo avviato una pastorale rivolta agli immigrati capace di attenzionare i loro problemi e favorire il loro inserimento sociale? Eppure nel nostro territorio parrocchiale, soprattutto nel quartiere più vecchio, le famiglie di stranieri sono ormai numerosissime. Anche se questo ed altri interrogativi rimangono tuttora aperti, ognuno nel suo piccolo può contribuire con le sue piccole azioni compiute nel quotidiano, che senza il clamore dei grandi gesti riescono ad incidere forse in maniera più forte nell’anima di una persona, divenendo così sono seme di una nuova umanità.
La chiesa da buona madre, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, si è attivata per venire incontro a queste nuove realtà attraverso una vera e propria pastorale dei migranti e dedicando ad essi una giornata mondiale che quest’anno verrà celebrata il 15 gennaio.
Gesù stesso è stato straniero in terra d’Egitto quando con Maria e Giuseppe vi si recarono per sfuggire alla persecuzione di Erode. Nel dramma della famiglia di Nazaret intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti. Sono tanti e svariati i motivi che spingono uomini e donne a lasciare il loro paese d’origine per approdare nelle nostre coste: mancanza di lavoro, persecuzioni politiche o religiose, ecc. , motivi questi intrisi di un forte sentimento di speranza e desiderio di rinascita.
Allora ci si chiede come un cristiano debba leggere questa realtà complessa?
Innanzitutto, il primo passo da fare è quello di liberarci da quegli stereotipi che ci impediscono di guardare la realtà nella sua vera essenza. Spesso, accade che, a seguito del contatto diretto con queste persone, il pregiudizio iniziale lascia il posto alla fiducia e all’amicizia. Potremmo testimoniarlo in tanti.
Per un cristiano, poi, l’incontro con qualsiasi uomo è una ricchezza, tanto più quando si tratta di persone con una cultura molto diversa dalla nostra e perfino con una religione diversa. Per chi ha una visione di fede la diversità non diventa un ostacolo ma un dono, per il semplice fatto che in ogni uomo è impresso il sigillo di Dio, perciò ogni uomo è un essere da amare, da rispettare, da accogliere, da servire. Tutto sta nel saper scorgere in ogni fratello il volto del Dio sofferente che ci dice “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35).
Chiediamoci anche: a livello parrocchiale come ci stiamo muovendo? Abbiamo avviato una pastorale rivolta agli immigrati capace di attenzionare i loro problemi e favorire il loro inserimento sociale? Eppure nel nostro territorio parrocchiale, soprattutto nel quartiere più vecchio, le famiglie di stranieri sono ormai numerosissime. Anche se questo ed altri interrogativi rimangono tuttora aperti, ognuno nel suo piccolo può contribuire con le sue piccole azioni compiute nel quotidiano, che senza il clamore dei grandi gesti riescono ad incidere forse in maniera più forte nell’anima di una persona, divenendo così sono seme di una nuova umanità.
Davide Mezzasalma
Le migrazioni sono protagoniste della nostra era. Immensi e fertili territori perdono demografia, mentre bande di violenti imperversano depredando chi rimane. Quale risorsa collettiva può nelle migrazioni? Quale per i singoli? Il "lavoro minorile" e i “bambini soldato” sono fenomeni indotti dall’abbandono territoriale degli adulti. Perché la filantropia occidentale tollera la fuga dalle responsabilità civili, quando avvengono tra i “poveri”? Perché "amare il nemico" si rivela il fallimento più eclatante del cristianesimo? I progetti economici possono riuscire dove le demografie sono costantemente instabili? Interrogativi che cercano risposte in un pianeta dove le negligenze umane guadagnano ineluttabilmente la punizione.
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