La commemorazione dei defunti



La speranza cristiana trova fondamento nella Bibbia, nella invincibile misericordia di Dio. «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!», esclama Giobbe nel mezzo della sua tormentata vicenda. Non è dunque la dissoluzione nella polvere il destino finale dell’uomo, bensì, attraversata la tenebra della morte, la visione di Dio. Per questo i fedeli pregano per i loro defunti e confidano nella loro intercessione. Nutrono infine la speranza di raggiungerli in cielo per unirsi gli eletti nella lode della gloria di Dio.
La Chiesa è stata sempre particolarmente fedele al ricordo dei defunti. Nella professione di fede del cristiano affermiamo: “Credo nella santa Chiesa cattolica, nella comunione dei Santi…”. Per “comunione dei santi” la Chiesa intende l’insieme e la vita d’assieme di tutti i credenti in Cristo, sia quelli che operano ancora sulla terra sia quelli che vivono nell’altra vita in Paradiso ed in Purgatorio. Dalla comunione dei santi nasce l’interscambio di aiuto reciproco tra i credenti in cammino sulla terra e i credenti viventi nell’aldilà, sia nel Purgatorio che nel Paradiso. La Chiesa, inoltre, in nome della stessa figliolanza  di Dio e, quindi, fratellanza in Gesù Cristo, favorisce questi rapporti e stabilisce anche dei momenti forti durante l’anno liturgico. Il 2 Novembre, infatti, è il giorno dedicato alla commemorazione dei defunti.
Questa festa ebbe origine in Francia all’inizio del X secolo. Nel convento di Cluny viveva un santo monaco, l’abate Odilone, che era molto devoto delle anime del Purgatorio, al punto che tutte le sue preghiere, sofferenze, penitenze e messe venivano applicate per la loro liberazione dal purgatorio. Si dice che uno dei suoi confratelli, di ritorno dalla Terra Santa, gli raccontò di essere stato scaraventato da una tempesta sulla costa della Sicilia; lì incontrò un eremita, il quale gli raccontò che spesso aveva udito le grida e le voci dolenti delle anime purganti provenienti da una grotta insieme a quelle dei demoni che gridavano contro l’abate Odilone. Costui, all’udire queste parole, ordinò a tutti i monaci del suo ordine di fissare il 2 novembre come giorno solenne per la commemorazione dei defunti. Era l’anno 928 d.C. Da allora, ogni anno la “festa” dei morti viene celebrata in questo giorno.
Da allora quel giorno rappresenta per tutti una sosta nella vita per ricordare con una certa nostalgia il passato, vissuto con i nostri cari che il tempo e la morte han portato via. La certezza della morte deve farci riflettere, affinché possiamo essere pronti all’incontro con essa senza alcuna paura. Del resto il pensiero della morte ritorna ogni volta che ci rivolgiamo alla Madonna con la preghiera del Rosario: “…. prega per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”. Si dice che la morte sia spaventosa: ma non è tanto la morte in sé a terrorizzarci, quanto piuttosto l’atto del morire ed il giudizio susseguente di dannazione o di salvezza eterna.
É, infatti, il terrore di un attimo e non dell’eternità a spaventarci. Dunque sorgono molte domande: come sarà quel momento? Quanto durerà? Chi mi assisterà? Sarò solo? Dove sarò? In casa, per strada, al lavoro, mentre prego? Quando mi sorprenderà? Il pensiero di trovarsi soli, faccia a faccia con la morte, può produrre disagio e paura mentre si è in vita. Eppure per i veri cristiani non dovrebbe essere così: la morte, se vista nella luce di Dio, diventa un dolce incontro non un tramonto, l’alba bellissima della vita eterna con Dio insieme agli angeli e ai santi che ci hanno preceduto in terra.
Antonio Cilia

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