Rientro delle madonnine

Giorno 31 maggio, festa della Visitazione della B. V. Maria, ci sarà la celebrazione di rientro delle madonnine, che durante tutto questo anno sociale hanno visitato le famiglie della nostra parrocchia elargendo grazie e benedizioni in ogni casa.



Ore 20.00 Processione con partenza dalla P.zza Maiorana angolo via Giotto. La processione percorrerà le seguenti vie: Giotto, IV Novembre, Gen. Cantore, Monterace, Tiepolo, Tolomeo, Canicarao, dei Carpini, Pascoli, Gen. Girlando, P.pe di Piemonte, ingresso in chiesa.

VI domenica del tempo pasquale

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.
Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.
In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui». (Gv 14,15-21)

San Filippo Neri


Nacque a Firenze nel 1515 e ricevette la prima istruzione in famiglia. Da fanciullo frequentò il convento di S. Marco, dove ricevette la sua prima educazione non solo religiosa ma anche umana. A 18 anni lasciò Firenze per stabilirsi a Roma dove seguì corsi di teologia e di filosofia. Tutto la sua vita fu caratterizzata da una profonda gioia, dalla libertà interiore e dalla indipendenza che gli veniva offerta dalla povertà. L’incontro fondamentale per Filippo fu, mentre assisteva i malati all’ Ospedale di S. Giacomo, con uno zelante sacerdote, il quale portò lentamente il Neri a maturare la decisione di farsi prete.
Filippo come sacerdote amministrò in particolare il sacramento della confessione, fonte di dialogo con i “penitenti”; infatti il colloquio, iniziato nel confessionale, proseguiva poi passeggiando nel piccolo cortile. Questi incontri semplici, informali di Filippo con i giovani, che, con il tempo, divennero più frequenti fino a dare vita all’Oratorio. Filippo volle che tutto doveva essere improntato alla spontaneità e alla semplicità, perché chiunque partecipasse si sentisse a suo agio, circondato d’amicizia ed affetto, nello sforzo comune di essere più “buoni”. In tempi nei quali la pedagogia era autoritaria e spesso manesca, il Neri si rivolgeva ai suoi allievi (che erano, si direbbe oggi, ragazzi di strada) con pazienza e benevolenza. Ancora oggi si ricorda la sua famosa esortazione in romanesco: “State bboni…se potete”. Si spense a Roma nel 1595.
Dopo la sua morte ebbe subito fama di santità presso i fedeli: Santo della gioia e Apostolo di Roma sono alcuni appellativi attribuitigli dai devoti.
Fu proclamato Santo nel 1622.

Assemblea parrocchiale

Mercoledì 25 maggio alle oore 21.00 si terrà l'ultima assemblea parrocchiale, durante la quale verrà presentato il tema del prossimo anno pastorale e si programmerà il percorso parrocchiale da svolgere.



Come di norma, gli incontri dei singoli gruppi saranno sospesi, poichè siamo tutti invitati a partecipare all'assemblea.

Anniversario della dedicazione della chiesa parrochiale





V Domenica del tempo pasquale


«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?».
Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. (Gv 10,11-18)

Siamo soli...



L’altro giorno mi è capitato di sentire alla radio una canzone di Vasco Rossi di qualche anno fa che si intitola “Siamo soli”. Ho pensato subito che queste due parole potrebbero essere usate per descrivere molto bene la condizione dei giovani adolescenti di oggi: “Siamo soli”.
La solitudine è un sentimento che tutti abbiamo provato e proviamo: un amico che ci tradisce, i nostri genitori che non riescono a capirci, la comitiva in cui non ci sentiamo accettati, la difficoltà di trovare qualcuno che ci sappia ascoltare, la paura di perdere le persone a noi care…
Anche nelle nostre città, sempre più anonime e indifferenti, ci sentiamo sempre più soli, ci capita di vagare tra la gente ma con il freddo nel cuore e perfino in famiglia, a volte, non riusciamo a percepire quel calore e  quell’affetto che vorremmo.
Magari tornando a casa, dopo una serata tra amici ti sarà capitato di avvertire dentro di te un  profondo senso di solitudine che saliva dal tuo cuore e inondava tutto il tuo essere. Possiamo trovarci in un grande gruppo di amici, fare tanta baldoria, ma sentirci tremendamente soli. Ti è mai capitato? Come possiamo intuire la solitudine non dipende dal numero delle persone che ho attorno, ma è un sentimento personale ed indipendente dal luogo in cui mi trovo.
Si dice che la solitudine sia oggi il male del secolo. Mai come oggi, infatti, gli uomini si sono sentiti soli. Eppure è una cosa alquanto strana perché, allo stesso tempo, gli esseri umani, oggi più di ieri, sono uniti da legami: basti pensare alla rete mondiale di internet, che in una frazione di secondo mette in contatto persone che si trovano distanti migliaia di kilometri. Ma mentre la tecnica ci permette di comunicare in tempo reale con le persone anche a grandi distanze, nel mondo di oggi la solitudine cresce a dismisura.
Ed ecco che allora spesso preferiamo sfuggire all’incontro con l’altro. Quando incontriamo qualcuno parliamo di tutto tranne che delle cose che veramente ci stanno a cuore.
Accade che, molto spesso, dinanzi al nostro vuoto adottiamo la strategia della “fuga”, cercando di distrarci attraverso il divertimento senza regole, la presa in giro degli altri, la musica assordante di una discoteche, o annegando ore ed ore davanti allo schermo di un computer.
Come ben sai facebook è il fenomeno dell’anno. Tutti ce l’hanno. É vero che può essere un modo per mantenere amicizie lontane, ma potrebbe anche diventare la mia “fuga”: nell’incapacità di stabilire vere relazioni faccia a faccia con gli altri, potrei rifugiarmi nel mio mondo virtuale. Così mi illudo    di avere tanti amici, ma poi, quando spengo il PC ritorno a sentirmi sempre più solo. Corriamo il rischio di perdere la capacità di guardare negli occhi un amico, di dimenticare il calore di un abbraccio, le risate in compagnia, ecc... Tutte emozioni che una fredda scatola elettronica non potrà mai regalarci.
Ecco l’assurdo al quale siamo giunti: nell’era della comunicazione, si è persa la capacità di comunicare veramente!
Emergono in noi allora sentimenti di chiusura, di sfiducia verso gli altri e verso noi stessi, di apatia e indifferenza verso ciò che c’è di bello nella vita, di tristezza profonda.
Da come puoi facilmente intuire, quando ci sentiamo soli stiamo male. E sai perché? Perché non siamo stati creati per stare da soli. Non siamo stati fatti per essere delle isole.
L’uomo è per definizione un essere relazionale, cioè è uno che ha bisogno di stabilire delle relazioni con gli altri. ABBIAMO UN ESTREMO BISOGNO DI COMUNICARE. Di comunicarci gli uni gli altri i nostri sentimenti, le nostre paure, le gioie e i dolori. Tutto.
Molte delle nostre paure nascono proprio dalla nostra incapacità a comunicare. Quando non hai nessuno con cui confrontarti, nessuno a cui chiedere un consiglio o un parere e ti senti solo, nascono mille insicurezze e disagi.
Impara a comunicare le tue emozioni, i tuoi problemi. Non avere timore a chiedere aiuto a chi ti sta accanto.
Hai un amico con cui confidarti? Conosci una persona più matura di te in grado di sostenerti e guidarti nel cammino della vita (una persona fidata, un sacerdote, ecc.)? Riesci a stabilire un dialogo con i tuoi genitori?
Se apri gli occhi e volgi lo sguardo attorno a te, vedrai sicuramente qualcuno in grado di riempire la tua solitudine. E se non dovessi riuscirci, allora prova tu a tendere la mano a chi ti è vicino e ha bisogno di te. L’amore che darai ti ritornerà centuplicato!
Buon cammino…
 Davide Mezzasalma

Apertura casa di accoglienza "Io sono con te"



Verrà inaugurata oggi 16 maggio alle ore 18, la casa d'accoglienza per donne in difficoltà "Io sono con te". L'inaugurazione avverrà presso la struttura sita in via Roma n°213/a, Comiso, alla presenza di S. E. Mons. Paolo Urso.
La casa risponde alle esigenze del territorio diocesano, soprattutto a quelle delle donne che hanno subito violenze o mancano di una rete di protezione sociale o parentale.
L'osservatorio diocesano delle povertà e risorse di Ragusa, ad esempio, registra che la maggior parte delle persone che si rivolgono ai centri di ascolto della Caritas è costuita da donne (70%). Molte di queste donne subiscono violenze o maltrattamenti in ambito familiare o si trovano senza un tetto sotto il quale abitare.
Il servizio di accoglienza si aggiunge a quanto già la Diocesi ha messo in atto nel servizio alle povertà.

IV Domenica del tempo pasquale


In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». (Gv 10,1-10)

III Domenica di Pasqua

Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus,
e conversavano di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste;
uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».
Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;
come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso.
Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.
Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro
e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.
Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!
Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».
E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.
Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.
Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.
Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».
E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,
i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone».
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. (Lc 24,13-35)

San Domenico Savio


Domenico Savio nacque nel 1842 a San Giovanni, presso Chieri. Fu il secondo di ben dieci fratelli. Ricevette la sua prima comunione all’età di sette anni e fu proprio da quel momento che tracciò il suo progetto di vita che sintetizzò in quattro propositi : “Mi confesserò molto spesso e farò la comunione tutte le volte che il confessore me ne darà il permesso. Voglio santificare i giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte, ma non peccati”. Ben presto Domenico incontrò Don Bosco; il santo educatore rimase sbalordito da questo ragazzo. Dopo aver chiacchierato un po’ con il santo, Domenico affermò: “Io sono la stoffa, lei ne sia il sarto: faccia un bell’abito per il Signore!”. Nel giro di venti giorni entrò a far parte dell’oratorio di Don Bosco; si mise dunque a seguire la strada per la santità mostratagli dal santo: allegria, impegno nella preghiera e nello studio, far del bene agli altri, devozione a Maria. Domenico imparò presto a dimenticare se stesso, i suoi capricci e a diventare sempre più attento alle necessità del prossimo. Ma nell’estate del 1856 scoppiò il colera, malattia a quel tempo incurabile. Ammalatosi anch’egli, dovette far ritorno a casa, dove mori fra le braccia dei genitori il 9 marzo 1857, consolando la madre con queste parole: “Mamma, non piangere, io vado in Paradiso”. Pio XI lo definì “piccolo, anzi, grande gigante nello spirito”. Santificato nel 1954 Domenico divenne il più giovane santo cattolico non martire.

Via Lucis



La "Via Lucis" ci aiuta a meditare la risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, perchè anche noi possiamo imparare a vivere da risorti.



Ogni venerdì fino a Pentecoste, sarà celebrata la "Via Lucis " per le strade delle varie zone del territorio parrocchiale e negli orari stabiliti da ciascun gruppo.


Per i giovani, giovanissimi e post-cresima l'appuntamento è ogni venerdì alle 20.30 in piazzetta S. Cuore.