Sacra Famiglia di Nazaret


La chiesa cattolica celebra la festa della Sacra Famiglia nella prima domenica dopo il Natale o, in alternativa, il 30 dicembre negli anni in cui il Natale cade di domenica. La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all'istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano che avevano tutte le caratteristiche di ogni essere umano, e le problematiche di ogni famiglia. Maria allevò il Divino Bambino con tutte le premure di una madre normale, ma con la grande responsabilità per il compito affidatale da Dio e la pena per quanto le aveva profetizzato il vecchio Simeone: “una spada ti trafiggerà il cuore”. Giuseppe, piccolo artigiano, prese in sposa Maria, e, rassicurato dall’angelo in sogno, non la ripudiò; si trasferirono a Betlemme per il censimento, dove nacque Gesù. Giuseppe fu un padre sempre presente nella vita del figlio. È con Gesù che essa diventa la Sacra Famiglia. Egli, il Figlio di Dio, ubbidiente a sua madre ed a suo padre, collaborò nella bottega di Giuseppe, meraviglioso esempio di umiltà. Numerose congregazioni religiose sono ad essa intitolate.


E' Natale. Dobbiamo sperare!

Buon Natale, amici miei. Buon Natale a tutti.
In questo periodo, il mio sincero augurio potrebbe sembrare una espressione di insensibilità o suonare addirittura come offesa alla sofferenza e al dolore di tante persone. Come si può dire “buon Natale” a chi ha perso il lavoro e non riesce ad averlo, a chi sperimenta la solitudine dell’abbandono e si sente emarginato, a chi è segnato dalla malattia e non vede possibilità di guarigione, a chi fugge dal proprio Paese e subisce violenza, a chi è disperato e non avverte solidarietà, a chi piange l’assurda prematura morte di persone care e non trova pace… Invece, è proprio in queste situazioni che si scopre il bisogno di augurarci “buon Natale”, che non è una espressione vagamente consolatoria. È l’annuncio della venuta e della presenza di Colui che, solo, può ridare la speranza, curare le ferite, rasserenare il cuore, donare la pace.
L’anno scorso, alla domanda dell’intervistatore de «La Stampa» che gli chiedeva «Che cosa dice il Natale all’uomo di oggi?», papa Francesco rispose: «Ci parla della tenerezza e della speranza. Dio incontrandoci ci dice due cose. La prima è: abbiate speranza. Dio apre sempre le porte, mai le chiude. È il papà che ci apre le porte. Secondo: non abbiate paura della tenerezza… la semplicità di Dio ti dice: vai avanti, io sono un Padre che ti accarezza… Forse per questo, guardando al futuro, parlo spesso dei bambini e degli anziani, cioè dei più indifesi».
 Abbiamo bisogno di sperare, soprattutto in tempi drammatici!
Il card. Gianfranco Ravasi ha così sintetizzato una storiella ebraica che mostra la necessità della speranza per evitare che la vita si spenga. In una stanza silenziosa c’erano quattro candele accese. La prima si lamentava: «Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La seconda disse: «Io sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così accadde. La terza candela confessò: «Io sono l’amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere». All’improvviso nella stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: «Ho paura del buio». Allora la quarta candela disse: «Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza» (Avvenire, 2 febbraio 2006). Il Bambino che nasce a Betlemme, in una condizione che noi oggi definiremmo disperata e non è il bambino che ha paura del buio, è Colui che dona speranza. La sua nascita dice al mondo intero che Dio si prende cura di ogni persona, di tutti gli uomini e di tutte le donne… L’amore di Dio, che si manifesta nel natale di Gesù, ci dona la certezza che non sbagliamo a sperare in un mondo più giusto e fraterno. Il vangelo secondo Luca ci racconta che, alla nascita di Gesù, un angelo si presenta ai pastori che si trovano nella zona e che, pernottando all’aperto, vegliano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Una esplosione di luce li avvolge e l’angelo dice: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (capitolo secondo, versetti 8-11). Quel Bambino ci libera dalla paura, dalla solitudine, dal dolore, dalla disperazione. Egli è il «Salvatore». Convinto di questa verità, lo scrittore e poeta russo Boris Pasternak (morto nel 1960), nel suo celebre e unico romanzo «Il dottor Zivago», fa dire a Nikolai Nikolaevic che dopo Cristo «l’uomo non muore più per strada» (Feltrinelli, Milano 1957, pag. 16). «Morire per strada» è una immagine. Dice la solitudine e la disperazione che avvolge la vita umana e la società quando Dio è «messo fuori». Quello che Fabrizio De André invocava «Dio del cielo se mi vorrai amare scendi dalle stelle e vienimi a cercare», è ciò che noi celebriamo a Natale. Un Dio che ci ama e viene a cercarci, facendosi uomo! L’esperienza di tante persone ci dà la conferma che «senza di te non so più dove andare, come una mosca cieca che non sa più volare». E, purtroppo, «se ci hai regalato il pianto e il riso noi qui sulla terra non lo abbiamo diviso». E De André conclude: «Dio del cielo ti aspetterò, nel cielo e sulla terra ti cercherò». Anche noi lo aspettiamo (siamo gente che aspetta!), lo cerchiamo e siamo certi che egli viene per salvarci e riaccendere o consolidare la speranza.
In questo Natale vi chiedo di «pensare» al seminario, dove sette giovani (Fabio, Filippo, Francesco, Giovanni, Giuseppe, Sebastiano e Vincenzo) vivono insieme per «stare con Gesù», riflettere sul senso della loro chiamata e, sotto la guida dello Spirito santo e dei superiori, lasciarsi conformare a Gesù buon pastore.
Buon Natale, amici miei. Buon Natale a tutti. «Il Dio della speranza, vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (lettera di San Paolo ai Romani, capitolo 15, versetto 13).
Paolo Urso, vescovo                                                                                              Ragusa, Natale 2014

Giornalino Dicembre 2014 - Gennaio 2015




Avvisi del periodo Natalizio


8 dicembre, Immacolata Concezione ore 8.30  10.30   18.0   SS. Messe
Dal 16 al 20 dicembre, Novena di Natale nei quartieri e in chiesa per i ragazzi. Nei quartieri si terranno le tradizionali luminarie nei giorni stabiliti.
20 Dicembre, conclusione delle Novene con la S. Messa delle 18.00.
22 Dicembre, Liturgia penitenziale, ore 10.00 e 19.00
24 dicembre, Vigilia di Natale, ore 23.00 Veglia
25 dicembre, Natale del Signore, ore 8.30  10.30  18.00  S. Messe
1 gennaio, Maria Madre di Dio, ore 8.30  10.30  18.00  S. Messe
6 gennaio, Epifania de Signore, ore 8.30  10.30  18.00  S. Messe
Alle 10 processione con il Bambino Gesù per alcune vie del quartiere, seguirà la S. Messa.

Piano pastorale parrocchiale 2014/15


ANALISI DEI BISOGNI:
- aumento di famiglie separate, divorziate, risposate, disoccupate, immigrati, malati, persone sole, anziani, giovani drogati e ludodipendenti; 
- mancanza di volontari per Caritas, s. Vincenzo e attività oratoriali; 
- mancanza di contatti stabili con le famiglie immigrate presenti nel territorio parrocchiale;          

OBIETTIVI:
- attenzionare le famiglie che presentano disagi relazionali, economici e deviazioni particolari; 
- impegno più deciso a sensibilizzare al volontariato per Caritas e S. Vincenzo;
- impegno costante a creare ponti di amicizia con famiglie extracomunitarie.    
                       
PROPOSTE:
- attivare centri di ascolto nelle famiglie che presentano i disagi di cui sopra esercitare il ministero della consolazione attraverso i  ministri straordinari dell’Eucaristia; 
- vicinanza amichevole con le famiglie del catechismo onde prevenire forme di devianza; 
- interventi concreti (alimenti, vestiario, ecc.) a sostegno dei disoccupati nel quartiere e/o in comunità favorire momenti di sincera fraternità (a natale, carnevale, ecc.).

Santa Elisabetta d'Ungheria

Elisabetta, figlia di Andrea, re d'Ungheria, e di Gertrude, ebbe una vita breve. Nata nel 1207, fu promessa in sposa a Ludovico, erede del sovrano di Turingia. Costui la prese in sposa a quattordici anni, fu madre a quindici e già restò vedova a soli vent’anni; il marito morì ad Otranto prima di partire con Federico II per la sesta crociata in Terra Santa. Elisabetta ebbe tre figli: Ermanno, Sofia e Gertrude, quest'ultima nata già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta ricevette indietro la dote e la offrì interamente ai poveri; con quei soldi verrà costruito un ospedale. Ma soprattutto ai poveri donò la sua vita: visitava gli ammalati due volte al giorno, e poi raccoglieva aiuti facendosi mendicante: tutto questo rimanendo nella sua condizione di vedova. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei suoi genitori, che ben presto le sottrassero i figli. Visse da povera e da povera si ammalò; morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231 e venne canonizzata nel 1235. È compatrona dell’Ordine Francescano secolare assieme a S. Ludovico; protettrice degli infermieri, delle società caritatevoli, dei fornai.

Chiamati a servire la famiglia


Tanta attenzione, in questi giorni trascorsi, ha suscitato l’Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia, tenutasi in Vaticano dal 5 al 19 ottobre scorso. Il termine Sinodo deriva dal greco ed unisce le due parole “insieme” e “cammino” e sta ad indicare un organismo formato da Vescovi, presbiteri, diaconi, religiosi e laici intorno al Papa,  che si interrogano e si confrontano su uno specifico argomento per dare alla  Chiesa tutta indicazioni per approfondire la tematica trattata in unità e comunione. Significativamente il Sinodo straordinario sulla famiglia è iniziato con una veglia di preghiera in Piazza San Pietro dal titolo “Accendi una luce in famiglia” alla quale un numeroso gruppo della nostra parrocchia ha partecipato con tanto entusiasmo e sacrificio ricavandone sicuramente tanto bene.  La presenza di tanti fedeli ha voluto esprimere vicinanza e sostegno al Sinodo chiamato a esprimersi su un tema così importante e delicato come la famiglia. Infatti, la questione in gioco è non solo il futuro della famiglia, ma dell’intera società umana, di cui la famiglia è la cellula portante. Il Sinodo è stato chiamato ad esprimersi in particolare sui problemi della vita matrimoniale, della vita familiare, dell’educazione ai figli e al ruolo della famiglia cristiana nella missione della Chiesa in una società che si trasforma velocemente e che pone quotidianamente nuove sfide. Il Sinodo ha registrato giornate di confronto e riflessioni, evidenziando talvolta diversità di vedute, posizioni che ognuno ha potuto manifestare con  massima libertà. Lo stesso Papa Francesco ha rivolto  l’invito ai sinodali a parlare liberamente e di tenere presente che la famiglia, qualunque siano le  situazioni o le sue crisi, deve essere accolta, ascoltata, accompagnata perché la Chiesa ha sempre le porte aperte a tutti gli uomini per quanto irregolari e difficili siano le loro vite, vicine o lontane da Dio. Sono stati registrati diversi interventi poiché la realtà della famiglia è diversa nelle varie parti del mondo. Diverse voci, diversi contesti, diverse situazioni e diverse circostanze. Tutte però con un denominatore comune: il desiderio di servire  e promuovere la famiglia  e soprattutto l’invito a “uscire”, come dice il Papa, per guarire specialmente quelli che soffrono situazioni di difficoltà.
Il Sinodo è venuto non certo per cambiare la dottrina, bensì la pastorale alla luce dei mutamenti sociali, compresa la crisi economica che grava non poco sulle famiglie. Per non parlare delle numerose crisi matrimoniali, affrontate spesso in modo sbrigativo e senza il coraggio della pazienza, della verifica, del perdono reciproco e anche del sacrificio. Nessuna conclusione dopo il lungo dibattito, ma un documento finale che aiuterà tutto il popolo di Dio, nei prossimi mesi, a prendere coscienza e consapevolezza della ricchezza di questi lavori, delle tracce, delle esperienze e una piattaforma di lavoro che porteranno a un nuovo Sinodo nell’autunno del 2015. Abbiamo fatto esperienza di una Chiesa viva, vigorosa, sorretta dallo Spirito Santo dove tutti parlano partendo dalla propria prospettiva, volendo dare il meglio al popolo cristiano nella comunione e nell’unità. Dunque un arrivederci che mi piace concludere con le parole di Papa Francesco “ Dio non teme le novità. Seminiamo per il futuro”. Affidiamo tutto a Maria, Madre nostra e custode della Famiglia di Nazareth.

Giovanni Occhipinti


Educhiamoci alla speranza (introduzione)


Educhiamoci alla Speranza: è questo il tema ispiratore sul quale S.E. il Vescovo Paolo Urso, in comunione con il consiglio pastorale diocesano, i direttori degli uffici diocesani e i consigli parrocchiali, invita quest’anno la Comunità Diocesana a riflettere e a camminare insieme, dopo gli anni dedicati alla Libertà, alla Verità e alla Corresponsabilità.
Educhiamoci alla Speranza…come risposta alla crisi, al travaglio, all’accidia egoista, come bisogno e motivo di vita, perché quando c’è la speranza ci sono anche la felicità, la gioia e la pace. Dobbiamo interrogarci se noi cristiani parliamo di speranza e se il nostro modo di parlarne è corretto, o se non finiamo piuttosto per farla apparire una trappola alienante, un’illusione, un inganno, una fuga dalla realtà, un privilegio per pochi.
Educhiamoci alla Speranza…come dono di Dio prima che come risultato di un impegno umano, dono di un Dio che “ci salva per sempre”, che si alimenta di memoria e guarda al futuro, avendo per oggetto non i desideri del mondo ma lo stare in compagnia di Dio stesso. La speranza cristiana non riduce però l’impegno nel presente, non ci lascia indifferenti alle sofferenze ed evasori di impegno storico, ma ci induce a trasformare la realtà per renderla conforme al progetto di Dio.
La speranza è attesa certa, paziente e costante, non di qualcosa ma di Qualcuno, e chiede di seminare e innaffiare prima di raccogliere, come il contadino che coltiva la terra con amore non solo per sé ma anche per gli altri. La speranza è “desiderio grande”, sete di infinito, che allarga il cuore e lo purifica dai piccoli desideri terreni, con la sovrabbondanza dello Spirito di Dio in noi.
La Speranza non ha come fondamento le nostre capacità, la nostra intelligenza, la nostra forza, ma l’amore (Gesù risorto dai morti) che Dio ha per l’uomo e la fedeltà a questo amore per sempre. “Sperare è un dovere, non un lusso. Sperare non è sognare, al contrario: è il mezzo per trasformare un sogno in realtà. Felici coloro che osano sognare e che sono disposti  a pagare il prezzo più alto perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini”.
Educhiamoci alla Speranza…evitando le tentazioni della rassegnazione e della presunzione. La prima, equivalente della viltà, dell’accidia, della paura, della rinuncia, favorisce l’oppressione e lo sfruttamento, e l’insorgere di passioni tristi come il senso di impotenza e la tendenza a chiudersi in se stessi. La seconda, che ha la sua matrice nell’orgoglio, conduce alle scorciatoie della mondanità e confonde il regno di Dio con il regno degli uomini.
La Speranza si apprende e si esercita nella preghiera come scuola di speranza; nell’agire serio e corretto, come “speranza in atto” di poter rendere il volto della città più bello, più umano e più fraterno; nella sofferenza come luogo di apprendimento della speranza, che non va mai fuggita ma vissuta con amore in compagnia di Cristo e dei fratelli; infine, nel Giudizio finale di Dio, che sa fare giustizia in un modo che noi non riusciamo a concepire, ma che nella fede possiamo intuire.
Educhiamoci… per annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza. Annunciare e testimoniare non è una “consuetudine sociale”, ma una fede personale e adulta, illuminata e convinta, capace di valorizzare la catechesi, l’educazione dei giovani, gli strumenti di comunicazione sociale, il dialogo ecumenico e interreligioso. Celebrare con i sacramenti, la liturgia e l’intera esistenza non è fuggire nello spiritualismo, nel sincretismo religioso, negli eventi miracolistici, ma riscoprire il senso del mistero, la contemplazione di Gesù, centro del nostro sforzo di formazione. Servire è seguire la strada dell’amore, donando e ricevendo carità, restituendo concretamente la speranza ai poveri, ai disoccupati, ai migranti, ai difensori del creato, alle famiglie disfatte, agli oppressi e agli esclusi dalla comunità, ai giovani fidanzati e ai vecchi abbandonati e soli.

Questi e altri pensieri fanno di una riflessione radicata nella Parola dell’Antico e del Nuovo Testamento, ispirata all’insegnamento del Concilio Vaticano II e degli ultimi Papi, e arricchita da pagine illuminanti e/o provocatorie di uomini come S. Agostino, Mario Monicelli, Riccardo Bacchelli, Carlo Levi, Feodor Dostoevskij, Georges Bernanos, Primo Mazzolari, Michele Pellegrino, Vaclav Havel, Dietrich Bonhoeffer, Lèon Joseph Suenens, Bruno Maggioni, Giuseppe Barbaglio, Dante Alighieri, un accorato appello, quasi un testamento per accompagnare, nello spirito e nella prassi, il futuro operare della Chiesa ragusana.
Il documento è corredato del Calendario delle attività 2014-2015, e formula 6 proposte diocesane: l’adorazione eucaristica in ogni comunità come professione di speranza; la meditazione della Lettera di San Paolo ai Romani nei centri di ascolto della parola; l’avvio della Scuola di preghiera; costruire “segni visibili e concreti” di speranza in ogni zona pastorale; gli incontri diocesani per i membri dei consigli pastorali e per gli affari economici sull’utilizzo dei beni per “dare speranza”; la programmazione pastorale parrocchiale. Sperare non è attendere passivamente che il futuro ci venga dato, ma agire umilmente affinché la Speranza, dono di Dio, si incarni nella Storia attraverso il sacrificio dell’Uomo. Il Tempo del rinvio rassegnato e della presunzione di farcela da soli è scaduto!

Giampiero Saladino


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Alla ricerca del Tesoro!


Oggi  vorrei raccontarvi la bellissima esperienza del campo estivo. Quando penso al campo riscopro in me un sentimento di gioia e di felicità. Sono dei giorni dove stai in comunione con tante persone, insieme agli animatori, e insieme a Gesù. Il campo non è solo un gioco, ma oltre al gioco e al divertimento, ci sono dei momenti di preghiera dove senti viva la presenza di Gesù, che ti fa stare bene perché anche lui ci fa divertire e gioire.
Lui ci accoglie sempre a braccia aperte, in qualsiasi momento ci consola, ci conforta e ci da forza. Lui è l’unico che può aiutarci nei momenti difficili e di sconforto. Il campo ci aiuta grazie agli insegnamenti che si fanno, capiamo quanto è grande l’amore di Dio e quanto ci ama. Oltre agli insegnamenti ci sono giochi, testimonianze, canti e le dinamiche. È grazie alle dinamiche che si comprende meglio il significato degli insegnamenti. Adesso mando un augurio ai cresimandi: vivete la cresima come l’inizio di un cammino e non come un punto di fine. Abbiate sempre fede perché Gesù può portarci solamente in una buona strada e allontanarci da qualsiasi male. Con Gesù tutto è possibile.
Giorgia

Chi trova l'Amico trova il Tesoro


Era luglio quando, in un caldo e afoso pomeriggio, squilla il telefono: “Ciao Cri, sono Monica, stiamo organizzando il campo estivo il 2 e 3 agosto e mi piacerebbe se tu facessi parte dell’equipe, pensaci e dammi la risposta al più presto”. Mille perplessità passarono allora per la mia testa: Il lavoro? Sono un’infermiera e non sarà facile organizzarsi coi turni; io che, a causa dei miei studi, sono stata fuori sede e mi sono in un certo senso “allontanata” dalla comunità, sarò in grado di trasmettere ai ragazzi qualcosa che possa avvicinarli a Dio? Alla fine, però, dopo poche ore di dubbi, presi la mia decisione: “Si, se è questo che Dio mi sta chiedendo, vado! Sono sicura che sarà Lui a guidarmi e a servirsi di me per parlare ai ragazzi”. Iniziai dunque a partecipare alle riunioni e con grande sorpresa scoprii che ero stata designata per la preparazione dei giochi. Inizialmente sembrava un compito semplice ma vi assicuro che organizzare dei giochi senza sapere il numero esatto dei partecipanti e reperire il materiale occorrente in pochi giorni si è rivelato un duro lavoro, ma per fortuna grazie alla collaborazione di tutti è stato portato a termine nel migliore dei modi. Tutto era pronto, ma c’era un problema: gli iscritti erano pochi. Così, un po’ presi dallo sconforto, dato il lavoro già svolto, parlammo con P. Enzo che con poche parole ci indirizzò sulla retta via. Disse infatti: “Ricordate cosa disse Gesù? Dove ci sono due o tre persone riunite nel Suo nome Lui sarà lì in mezzo a loro”. Fu così che giorno 2 agosto partimmo alla volta di Santo Pietro  per vivere un’esperienza che si sarebbe rivelata meravigliosa e indimenticabile. Il tema del campo era “Chi trova l’Amico trova il Tesoro” ovvero l’amicizia con Gesù. Gli insegnamenti sono stati quattro: il primo parlava di un’amicizia mancata, il giovane ricco che chiede a Gesù cosa poteva fare per avere la  vita eterna e quando Gesù gli dice di lasciare tutti i suoi beni e seguirlo, afflitto se ne va; il secondo traeva spunto dalla parabola della samaritana che, andata a riempire l’acqua al pozzo, incontra Gesù che la disseterà per sempre, non di acqua ma del suo immenso Amore, nonché il bisogno più profondo che è nel cuore di ogni uomo e che guarisce ogni ferita; il terzo trattava di un’amicizia gratuita, profonda e generosa come quella tra Gesù e un fanciullo che, quando Gesù non aveva nulla per sfamare la folla immensa che lo seguiva, si fece avanti con umiltà e gli porse una cesta contenente “solo” 5 pani e 2 pesci, ma Gesù si servì proprio di questi per moltiplicarli e saziare migliaia di persone; il quarto ed ultimo insegnamento presentava Giovanni, il discepolo amato, il quale seguì Gesù passo dopo passo e non lo abbandonò mai, lo seguì sotto la croce mentre Gesù soffriva e non esitò nemmeno un attimo, quando vide il sepolcro vuoto, ad annunciare la risurrezione di Cristo.                                         
Sono stati due giorni fantastici, due giorni in cui si è riusciti a distogliere la mente dal “mondo esterno” e ci si è “persi” dentro un mondo migliore, ricco di pace, serenità e Amore, l’Amore infinito di Dio.   E poi che dire? Sono tornata a casa consapevole di avere un Amico in più, anzi l’Amico per eccellenza: Gesù. E  come canta Laura Pausini nella canzone inno del campo “non chiederà né il come né il perché, ti ascolterà e si batterà per te e finché tu vivrai se un amico è con te, tu non ti perderai…..perché UN AMICO E’ COSI’,… Gesù è così!!!
                                                                                                                                                                          Cristina Scifo 

Giornalino n°59 - Ottobre 2014




Santa Faustina Kowalska


Nacque nel 1905 in Polonia. Ancora adolescente, abbandonò la famiglia e lavorò come domestica, per mantenersi e per aiutare i genitori. Sin da ragazzina sentiva la vocazione religiosa, ma non avendo il consenso dei genitori, cercava di sopprimerla. Sollecitata poi da una visione di Cristo sofferente, nel 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. La sua vita fu piena di grazie straordinarie: rivelazioni, visioni, stigmate nascoste, partecipazione alla passione del Signore, il dono dell'ubiquità, il dono di leggere nelle anime, il dono della profezia e il raro dono dello sposalizio mistico. Malgrado il dono di tante grazie straordinarie era consapevole che non sono esse a costituire l'essenza della santità. La missione di Suor Faustina è stata descritta nel "Diario" che essa redigeva. Il Signore diceva a Faustina: “Segretaria del Mio mistero più profondo, ...il tuo compito più profondo è di scrivere tutto ciò che ti faccio conoscere sulla Mia misericordia, per il bene delle anime che leggendo questi scritti proveranno un conforto interiore e saranno incoraggiate ad avvicinarsi a Me”. Morì a Cracovia il 5 ottobre 1938 all'età di 33 anni.




Estrazione biglietti

Ecco i numeri estratti:

1° premio (TV LED): n° 1787
2° premio (IPAD): 1627
3° premio (Buono spesa): n°1453

San Josèmaria Escrivà de Balaguer

Josemaría Escrivá nacque in Spagna il 9 gennaio 1902. Divenuto  sacerdote, si trasferì a Madrid, dove iniziò a prendersi cura dei poveri e dei malati. Divenne cappellano del “Patronato per i malati”, iniziativa assistenziale delle Dame Apostoliche del Sacro Cuore e fu anche insegnante in un’Accademia universitaria. Il 2 ottobre del 1928 il Signore gli rivelò cosa avrebbe dovuto fare in futuro: fondare l'Opus Dei. E così fece.
L’Opus Dei è un'istituzione della Chiesa che promuove fra cristiani di tutte le condizioni sociali una vita coerente con la fede, attraverso la santificazione delle opere quotidiane: il lavoro, la cultura, la vita familiare, lo studio. Il 14 febbraio 1943, inoltre, fondò la Società sacerdotale della Santa Croce, unita all’Opus Dei.  Nel 1946 si trasferì a Roma, dove rimase fino alla morte. Da Roma stimolò e guidò la diffusione dell’Opus Dei in tutto il mondo. Alla morte del fondatore, il 26 giugno 1975,  l’Opus Dei contava più di 60.000 membri, di 80 nazionalità. La sua fama di santità si è diffusa in tutto il mondo, come dimostrano le molte testimonianze di grazie spirituali e materiali attribuite alla sua intercessione, fra cui anche guarigioni clinicamente inspiegabili.

Sant'Antonio da Padova

Fernando nasce a Lisbona da una nobile famiglia, dapprima entra nell'ordine dei Canonici Regolari di Sant'Agostino, ma dopo, spinto dal desiderio di una vita religiosamente più severa, entra nel Frati Minori, mutando il nome in Antonio.

Durante un viaggio in Italia, ad Assisi ha modo di ascoltare san Francesco, ma non lo conosce personalmente. Intanto inizia a predicare in varie città italiane e la sua fama di predicatore si diffonde, tanto che papa Gregorio IX nel 1228 lo chiama per tenere le prediche della quaresima davanti ad una folla cosmopolita. Si racconta che in quella occasione ognuno lo sentì parlare nella propria lingua. Viaggia senza risparmiarsi, è stanco e le sofferenze fisiche si fanno più acute, si ritira allora a Padova dove muore a mezzogiorno del 13 giugno 1231. In vita Antonio operò numerosi miracoli, esorcismi, profezie e guarigioni: fece ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, ad una donna riattaccò i capelli che il marito geloso le aveva strappato, rese innocui cibi avvelenati, predicò ai pesci, costrinse una mula ad inginocchiarsi davanti all'Ostia consacrata, fu visto in più luoghi contemporaneamente, da qualcuno anche con Gesù Bambino in braccio. Antonio fu canonizzato l'anno seguente la sua morte e nel 1946 fu proclamato Dottore della Chiesa.


Veglia di Pentecoste

Sabato 7 giugno celebreremo insieme a tutte le comunità parrocchiali della città la Veglia di Pentecoste alle ore 20.30 presso la chiesa dei SS. Apostoli.

Testimoni del Cristo

Carissimo/a,
la festa del Sacro Cuore di Gesù vuole ricordare l’inesauribile mistero dell’amore del nostro Dio, che non ha tralasciato nulla per rendersi vicino a noi, tanto da averci voluto amare anche con cuore d’uomo. Il cuore di Cristo è simbolo forte e fedele dell’amore eterno del Padre, che, inviando il Figlio Gesù, ci chiama ad entrare in comunione di vita con Lui, quindi ad assumere le disposizioni proprie del suo Cuore.
Questo vale soprattutto per noi sacerdoti invitati a celebrare nella solennità del Sacro Cuore di Gesù la giornata mondiale per la nostra santificazione. Si tratta di uscire dalla misura ristretta dell’amore umano per entrare negli spazi infiniti dell’amore Divino e nutrire il nostro cuore di sentimenti di magnanimità e di bontà verso tutti. Volgiamo il nostro sguardo a Colui che abbiamo crocifisso e lasciamoci penetrare dal suo sguardo, perché possiamo meglio comprendere che cosa si attende da noi. Credo che, se vogliamo capire cosa si attende il Cuore di Gesù da ciascuno di noi, dovremmo far nostra l’intuizione felice di Paolo VI quando diceva: “il mondo d’oggi vuole testimoni non maestri: questi li accetta se, prima, sono testimoni”.
Il Cuore di Gesù si attende che ciascuno di noi alla sua scuola diventiamo testimoni del suo amore gratuito verso i fratelli. Testimoni del Cuore misericordioso di Cristo, che vuole il bene e solo il bene per  tutti; uniti a Lui troviamo la forza anche quando attraversiamo momenti di difficoltà e ci tocca bere qualche calice amaro: testimoni di quel Gesù che con le braccia distese sul legno della croce sembra impotente. In realtà è proprio allora che salva il mondo, che cambia il corso della storia quando col suo Cuore ferito può dire: “Tutto è compiuto” e ci lascia Maria come Madre che, simbolo della chiesa, genera alla vita tutti gli uomini che non si sottraggono all’amore.  


PROGRAMMA DELLA FESTA DEL SACRO CUORE DI GESU 2014



“QUARTIERI IN FESTA”

Venerdì 06 Giugno ore 21,00 via Carducci, “LA CORRIDA”  a cura delle zone Madonna del Rosario, Madre di Dio, Madre del Signore e Vergine Madre.
Mercoledì 11 giugno  ore 21,00  Piazzetta Sacro Cuore,  SAGRA DELLA “MITILUG-GHIA” a cura delle zone, Madre della chiesa, Maria Assunta e Maria Regina.
Sabato 14 Giugno ore 21,00 via Canicarao (piazzetta alle spalle dell’ex “Shauru”) SAGRA DELLA SALSICCIA E DELLA RICOTTA a cura delle zone  Cuore Immacolato di Maria, Maria Ausiliatrice e Regina della Pace.

Domenica  15  Giugno ore 10,00  in piazza  E. Maiorana  “Ginkana in vespa” a cura  del  “Vespa Club città di Comiso”

ESERCIZI SPIRITUALI
16- 17 - 18  Giugno alle ore 20,00 in parrocchia esercizi spirituali, tenuti da Padre Giuseppe Berenato

DOMENICA  22 GIUGNO  
Solennità del Corpus Domini
Ore 8,30  S. Messa
Ore 9,00 Passeggiata del cuore in bicicletta, con partenza dalla Piazzetta S. Cuore
Ore 10,30 S. Messa
Ore 19,00  Solenne Concelebrazione Eucaristica cittadina in  Chiesa Madre presieduta  dal Vicario  Foraneo Don Enzo Barrano, a seguire la processione Eucaristica.        
Lunedì 23 giugno:
Ore 18,00 S. Rosario e coroncina al S. Cuore di Gesù
Ore 19,00 S. Messa animata dai quartieri Madre di Dio e Madonna del Rosario

Martedì 24 giugno:
Ore 9,00  Inizio quarant’ore di adorazione eucaristica
Ore 18,00 S. Rosario e coroncina al S. Cuore di Gesù         
Ore 19,00 S. Messa animata dai quartieri Maria Assunta e Madre della Chiesa

Mercoledì 25 giugno:
Ore 18,00 S. Rosario e coroncina al S. Cuore di Gesù
Ore 19,00 S. Messa  animata dai quartieri Regina della Pace, Maria Regina e Madre del Signore

Giovedì  26 giugno:
Ore 18,00 S. Rosario e coroncina al S. Cuore di Gesù
Ore 19,00 S. Messa  animata dai quartieri Cuore Immacolato di Maria e Maria Ausiliatrice
Ore 20,00 I seminaristi e le suore del Sacro Cuore incontrano i giovani
Ore 22,00 Inizio dei lavori per l’infiorata

Venerdì 27 giugno:
SOLENNITA’ DEL SACRO CUORE DI GESU’
Giornata mondiale per la santificazione dei sacerdoti   -   Infiorata in via B. Toti  
Ore 8,00   festoso scampanio
Ore 18,00 S. Rosario e coroncina al S. Cuore di Gesù. 
Conclusione del Quarant’ore di adorazione Eucaristica
Ore 19,00 Solenne concelebrazione eucaristica in p.zza Maiorana  presieduta da S.E. il Vescovo  Paolo Urso (la questua sarà devoluta ai poveri)                                                               
Ore 20,0  Processione Eucaristica per le seguenti vie: p.zza Maiorana, Gen. Girlando, Pascoli, Verne, Canicarao, P. di Piemonte, Regolo, Giotto, Machiavelli, P. di Piemonte, Toti.

Sabato 28 giugno:
Ore 18,00 S. Rosario e coroncina al S. Cuore di Gesù
Ore 19,00 S. Messa  animata dai gruppi giovani, giovanissimi e post cresima della nostra parrocchia                                         
Ore 21,00  in Piazza Maiorana  rappresentazione  teatrale, a cura delle suore del Sacro Cuore sulla vita della Beata Maria Schininà.   

Domenica 29 giugno:
Ore 8,00 festoso scampanio
Ore 8,30  S. Messa
Ore 9,30  il tradizionale “Carretto Siciliano” con la banda musicale al seguito raccoglierà per le vie del quartiere  parrocchiale i doni alimentari che saranno devoluti in beneficenza per la San Vincenzo.       
Ore 10,30  S. Messa                     
Ore 12,00 Festoso scampanio
Ore 17,00 S. Rosario e coroncina al S. Cuore di Gesù
Ore 18,00 S. Messa, a seguire processione con il simulacro del Sacro Cuore di Gesù per le seguenti vie: P. Piemonte, p.zza Maiorana, Giotto, Pisanelli, Sauro, Mameli, Giotto, Napoli, Gen. Cantore, Monterace, Battisti,  Micca, Sauro, Regolo, Gen. Cantore, Carducci, Carini, IV Novembre, Vitt. Emanuele, Dei Salici, Degli Olmi, Vitt. Emanuele, Filzi, Buscaglia, Carini, San Martino, Milazzo, Saddemi, Carini, Monterace, Iblea, Macchiavelli, Montebello, Pilo, Iblea, Vittoria, Carini, Fenice, Iblea, Apollo, Giotto, Marx, Paganini, Veneto, XXIV Maggio, Pascoli, Tolomeo, G. Distabile, Pasteur, Caravaggio, P. di Piemonte, Tiepolo, Galilei, Keplero, Raniolo, Caravaggio, Marzabotto, Tiepolo, Verne, Distabile, Magg. Algieri, Cobisi, Verne, Pascoli, Bini, Caravaggio, Dei Carpini, Keplero, Dei Papiri, Dalla Chiesa, De Sanctis, Orazio, De Sica, Canicarao, P. di Piemonte.

AL PASSAGGIO DELLA PROCESSIONE I FEDELI SONO INVITATI AD ADDOBBARE I BALCONI CON LUCI E DRAPPI, EVITANDO SE POSSIBILE, LA SOSTA DI AUTOVETTURE NELLE VIE PERCORSE DALLA PROCESSIONE.

Domenica 20 luglio
Ore 8,30  S. Messa
Ore 19,00 S. Messa
Ore 20,00 Estrazione biglietti vincenti dei seguenti premi: TV COLOR 46“, TABLET, BUONO SPESA.                                       

Giornalino n° 58 - Maggio/Giugno 2014



Assemblea diocesana


Il 23, 24 aprile e 8 maggio 2014, presso la Chiesa san Giuseppe Artigiano di Ragusa, si terrà l'ASSEMBLEA DIOCESANA
EDUCHIAMOCI ALLA SPERANZA.
Il Vescovo nell'invito scrive:"Amici carissimi, le sfide esistono per essere superate. Per affrontare insieme, giovani 
e anziani, la sfida della speranza, invito le parrocchie, gli istituti religiosi, i gruppi, le associazioni e i movimenti ecclesiali a partecipare all'Assemblea Diocesana"
L'assembela si articolerà col il seguente calendario:
  • il 23 aprile, alle ore 20.00, nella chiesa di San Giuseppe Artigiano a Ragusa, dopo un momento di preghiera, la relazione del prof. MARCO TIBALDI, Docente di Teologia Sistematica presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose della Facoltà Teologica dell'Emilia Romagna.
  • il 24 aprile ogni comunità parrocchiale si riunirà in assemblea per “leggere la situazione” e cercare “strade nuove”.
  • l'8 maggio, alle ore 20.00, tutti nella chiesa di San Giuseppe Artigiano per fare sintesi.

Cristo è risorto: professione di fede e impegno di vita


Buona Pasqua, amici miei! Buona Pasqua a tutti!
Molte volte, in questi giorni, ascolteremo e diremo: Cristo è risorto! È veramente risorto! E l’annuncio della risurrezione di Cristo, così come è giunto sino a noi, continuerà ad essere trasmesso “di bocca in bocca” per sostenere la fede, alimentare la speranza, sollecitare l’amore.
Noi crediamo che Cristo è davvero risorto perché “se Cristo non è risorto, ci ricorda san Paolo, vuota è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” (Prima lettera ai Corinzi, capitolo 15, versetto 14). E vogliamo che la nostra fede nella risurrezione di Cristo si manifesti nelle parole e nella vita.
In una meditazione mattutina a Santa Marta, in Vaticano, papa Francesco ha parlato dei “tanti cristiani senza risurrezione”, dei “cristiani senza il Cristo risorto”, di quelli che accompagnano Gesù fino alla tomba, piangono, gli vogliono bene, ma non vanno oltre. Sono i “timorosi”, quelli che hanno paura della risurrezione, che si spaventano perché pensano di vedere un fantasma; sono i “vergognosi, per i quali confessare che Cristo è risorto dà un po’ di vergogna in questo mondo tanto avanti nelle scienze”; sono i “trionfalistici”, che “non credono nel risorto e vogliono fare loro una risurrezione più maestosa di quella di Gesù” (10 settembre 2013).
Annunciare che Cristo è risorto, senza paura senza vergogna e senza trionfalismi, è la “buona notizia” che dobbiamo trasmettere a tutti coloro che camminano con noi lungo il sentiero della vita. E questo non è compito di alcuni, ma della Chiesa, cioè di tutti noi. Alla chiesa in Asia Giovanni Paolo II disse che “l’evangelizzazione, come gioiosa, paziente e progressiva predicazione della morte salvifica e della risurrezione di Gesù Cristo, deve essere la vostra priorità assoluta”. E papa Francesco ha aggiunto: “Questo vale per tutti” (Papa Francesco, La gioia del Vangelo, 24.11.2013, n. 110).
Annunciare che Cristo è risorto vuol dire immettere nel mondo “germi di risurrezione capaci di rendere buona la vita, di superare il ripiegamento su di sé, la frammentazione e il vuoto di senso che affliggono la nostra società” (Conferenza episcopale italiana, Educare alla vita buona del Vangelo, 4.10.2010, n. 6).
Pasqua a New York è una poesia di Blaise Cendrars, uomo dalla vita “movimentata”, romanziere, poeta, sceneggiatore, nato in Svizzera nel 1887 e morto a Parigi nel 1961. È un testo duro, amaro, triste, ondeggiante tra scetticismo, disperazione, preghiera e supplica. In giro per New York, “la schiena curva, lo spirito in delirio, il cuore rattrappito”, dialoga col Signore, mentre ricorda opere d’arte sulla passione. “Stasera, tuttavia, penso a Te con terrore. / La mia anima è una vedova in lutto ai piedi della Croce; / La mia anima è una vedova in nero, – è tua Madre / Come l’ha dipinta Carrière, senza lacrime né speranza”. Passa in mezzo a ladri, vagabondi, ricettatori, prostitute e poveri. Vede greci, spagnoli, italiani, russi, bulgari, mongoli, persiani, sbarcati da neri battelli: “sono bestie da circo che saltano i meridiani. / Si getta loro un pezzo di carne nera, come ai cani”. E mentre cammina, chiede: “Fa’, Signore, che il mio viso là tra le mie mani / lasci cadere la maschera d’angoscia che mi preme. / Fa’, Signore, che le mie mani passate sulla bocca / non si lecchino la schiuma di una disperazione cupa”. Alla fine, solo, stanco e malato, rientra nella sua camera d’albergo “nuda come una tomba”: “Penso, Signore, alle mie ore più brutte. / Penso, Signore, alle mie ore già andate. / Non penso più a Te. Non penso più a Te”.  Ma poco prima aveva detto: “Signore, chiudo gli occhi e batto i denti. / Io sono troppo solo. Ho freddo. Ti invoco”.
Quale Pasqua vive Cendrars e le persone che egli incontra nel suo girovagare per New York? Quale Pasqua vivono tanti uomini e tante donne che noi conosciamo e che sperimentano solitudine, malattia, tristezza e angoscia? Annunciare che Cristo è risorto esige l’impegno concreto perché tutti gli uomini possano vivere nella libertà e nella pace e, nella sofferenza, sperimentare la vicinanza e la solidarietà degli altri. Vi auguro “Buona Pasqua”, invitandovi a riflettere sulle parole sempre luminose di papa Benedetto: “Saremo davvero e fino in fondo testimoni di Gesù risorto quando lasceremo trasparire in noi il prodigio del suo amore; quando nelle nostre parole e, più ancora, nei nostri gesti, in piena coerenza con il Vangelo, si potrà riconoscere la voce e la mano di Gesù stesso” (Catechesi all’udienza generale7.4.2010).
Con tanto affetto
Paolo, vescovo