Educhiamoci alla speranza (introduzione)


Educhiamoci alla Speranza: è questo il tema ispiratore sul quale S.E. il Vescovo Paolo Urso, in comunione con il consiglio pastorale diocesano, i direttori degli uffici diocesani e i consigli parrocchiali, invita quest’anno la Comunità Diocesana a riflettere e a camminare insieme, dopo gli anni dedicati alla Libertà, alla Verità e alla Corresponsabilità.
Educhiamoci alla Speranza…come risposta alla crisi, al travaglio, all’accidia egoista, come bisogno e motivo di vita, perché quando c’è la speranza ci sono anche la felicità, la gioia e la pace. Dobbiamo interrogarci se noi cristiani parliamo di speranza e se il nostro modo di parlarne è corretto, o se non finiamo piuttosto per farla apparire una trappola alienante, un’illusione, un inganno, una fuga dalla realtà, un privilegio per pochi.
Educhiamoci alla Speranza…come dono di Dio prima che come risultato di un impegno umano, dono di un Dio che “ci salva per sempre”, che si alimenta di memoria e guarda al futuro, avendo per oggetto non i desideri del mondo ma lo stare in compagnia di Dio stesso. La speranza cristiana non riduce però l’impegno nel presente, non ci lascia indifferenti alle sofferenze ed evasori di impegno storico, ma ci induce a trasformare la realtà per renderla conforme al progetto di Dio.
La speranza è attesa certa, paziente e costante, non di qualcosa ma di Qualcuno, e chiede di seminare e innaffiare prima di raccogliere, come il contadino che coltiva la terra con amore non solo per sé ma anche per gli altri. La speranza è “desiderio grande”, sete di infinito, che allarga il cuore e lo purifica dai piccoli desideri terreni, con la sovrabbondanza dello Spirito di Dio in noi.
La Speranza non ha come fondamento le nostre capacità, la nostra intelligenza, la nostra forza, ma l’amore (Gesù risorto dai morti) che Dio ha per l’uomo e la fedeltà a questo amore per sempre. “Sperare è un dovere, non un lusso. Sperare non è sognare, al contrario: è il mezzo per trasformare un sogno in realtà. Felici coloro che osano sognare e che sono disposti  a pagare il prezzo più alto perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini”.
Educhiamoci alla Speranza…evitando le tentazioni della rassegnazione e della presunzione. La prima, equivalente della viltà, dell’accidia, della paura, della rinuncia, favorisce l’oppressione e lo sfruttamento, e l’insorgere di passioni tristi come il senso di impotenza e la tendenza a chiudersi in se stessi. La seconda, che ha la sua matrice nell’orgoglio, conduce alle scorciatoie della mondanità e confonde il regno di Dio con il regno degli uomini.
La Speranza si apprende e si esercita nella preghiera come scuola di speranza; nell’agire serio e corretto, come “speranza in atto” di poter rendere il volto della città più bello, più umano e più fraterno; nella sofferenza come luogo di apprendimento della speranza, che non va mai fuggita ma vissuta con amore in compagnia di Cristo e dei fratelli; infine, nel Giudizio finale di Dio, che sa fare giustizia in un modo che noi non riusciamo a concepire, ma che nella fede possiamo intuire.
Educhiamoci… per annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza. Annunciare e testimoniare non è una “consuetudine sociale”, ma una fede personale e adulta, illuminata e convinta, capace di valorizzare la catechesi, l’educazione dei giovani, gli strumenti di comunicazione sociale, il dialogo ecumenico e interreligioso. Celebrare con i sacramenti, la liturgia e l’intera esistenza non è fuggire nello spiritualismo, nel sincretismo religioso, negli eventi miracolistici, ma riscoprire il senso del mistero, la contemplazione di Gesù, centro del nostro sforzo di formazione. Servire è seguire la strada dell’amore, donando e ricevendo carità, restituendo concretamente la speranza ai poveri, ai disoccupati, ai migranti, ai difensori del creato, alle famiglie disfatte, agli oppressi e agli esclusi dalla comunità, ai giovani fidanzati e ai vecchi abbandonati e soli.

Questi e altri pensieri fanno di una riflessione radicata nella Parola dell’Antico e del Nuovo Testamento, ispirata all’insegnamento del Concilio Vaticano II e degli ultimi Papi, e arricchita da pagine illuminanti e/o provocatorie di uomini come S. Agostino, Mario Monicelli, Riccardo Bacchelli, Carlo Levi, Feodor Dostoevskij, Georges Bernanos, Primo Mazzolari, Michele Pellegrino, Vaclav Havel, Dietrich Bonhoeffer, Lèon Joseph Suenens, Bruno Maggioni, Giuseppe Barbaglio, Dante Alighieri, un accorato appello, quasi un testamento per accompagnare, nello spirito e nella prassi, il futuro operare della Chiesa ragusana.
Il documento è corredato del Calendario delle attività 2014-2015, e formula 6 proposte diocesane: l’adorazione eucaristica in ogni comunità come professione di speranza; la meditazione della Lettera di San Paolo ai Romani nei centri di ascolto della parola; l’avvio della Scuola di preghiera; costruire “segni visibili e concreti” di speranza in ogni zona pastorale; gli incontri diocesani per i membri dei consigli pastorali e per gli affari economici sull’utilizzo dei beni per “dare speranza”; la programmazione pastorale parrocchiale. Sperare non è attendere passivamente che il futuro ci venga dato, ma agire umilmente affinché la Speranza, dono di Dio, si incarni nella Storia attraverso il sacrificio dell’Uomo. Il Tempo del rinvio rassegnato e della presunzione di farcela da soli è scaduto!

Giampiero Saladino


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Alla ricerca del Tesoro!


Oggi  vorrei raccontarvi la bellissima esperienza del campo estivo. Quando penso al campo riscopro in me un sentimento di gioia e di felicità. Sono dei giorni dove stai in comunione con tante persone, insieme agli animatori, e insieme a Gesù. Il campo non è solo un gioco, ma oltre al gioco e al divertimento, ci sono dei momenti di preghiera dove senti viva la presenza di Gesù, che ti fa stare bene perché anche lui ci fa divertire e gioire.
Lui ci accoglie sempre a braccia aperte, in qualsiasi momento ci consola, ci conforta e ci da forza. Lui è l’unico che può aiutarci nei momenti difficili e di sconforto. Il campo ci aiuta grazie agli insegnamenti che si fanno, capiamo quanto è grande l’amore di Dio e quanto ci ama. Oltre agli insegnamenti ci sono giochi, testimonianze, canti e le dinamiche. È grazie alle dinamiche che si comprende meglio il significato degli insegnamenti. Adesso mando un augurio ai cresimandi: vivete la cresima come l’inizio di un cammino e non come un punto di fine. Abbiate sempre fede perché Gesù può portarci solamente in una buona strada e allontanarci da qualsiasi male. Con Gesù tutto è possibile.
Giorgia

Chi trova l'Amico trova il Tesoro


Era luglio quando, in un caldo e afoso pomeriggio, squilla il telefono: “Ciao Cri, sono Monica, stiamo organizzando il campo estivo il 2 e 3 agosto e mi piacerebbe se tu facessi parte dell’equipe, pensaci e dammi la risposta al più presto”. Mille perplessità passarono allora per la mia testa: Il lavoro? Sono un’infermiera e non sarà facile organizzarsi coi turni; io che, a causa dei miei studi, sono stata fuori sede e mi sono in un certo senso “allontanata” dalla comunità, sarò in grado di trasmettere ai ragazzi qualcosa che possa avvicinarli a Dio? Alla fine, però, dopo poche ore di dubbi, presi la mia decisione: “Si, se è questo che Dio mi sta chiedendo, vado! Sono sicura che sarà Lui a guidarmi e a servirsi di me per parlare ai ragazzi”. Iniziai dunque a partecipare alle riunioni e con grande sorpresa scoprii che ero stata designata per la preparazione dei giochi. Inizialmente sembrava un compito semplice ma vi assicuro che organizzare dei giochi senza sapere il numero esatto dei partecipanti e reperire il materiale occorrente in pochi giorni si è rivelato un duro lavoro, ma per fortuna grazie alla collaborazione di tutti è stato portato a termine nel migliore dei modi. Tutto era pronto, ma c’era un problema: gli iscritti erano pochi. Così, un po’ presi dallo sconforto, dato il lavoro già svolto, parlammo con P. Enzo che con poche parole ci indirizzò sulla retta via. Disse infatti: “Ricordate cosa disse Gesù? Dove ci sono due o tre persone riunite nel Suo nome Lui sarà lì in mezzo a loro”. Fu così che giorno 2 agosto partimmo alla volta di Santo Pietro  per vivere un’esperienza che si sarebbe rivelata meravigliosa e indimenticabile. Il tema del campo era “Chi trova l’Amico trova il Tesoro” ovvero l’amicizia con Gesù. Gli insegnamenti sono stati quattro: il primo parlava di un’amicizia mancata, il giovane ricco che chiede a Gesù cosa poteva fare per avere la  vita eterna e quando Gesù gli dice di lasciare tutti i suoi beni e seguirlo, afflitto se ne va; il secondo traeva spunto dalla parabola della samaritana che, andata a riempire l’acqua al pozzo, incontra Gesù che la disseterà per sempre, non di acqua ma del suo immenso Amore, nonché il bisogno più profondo che è nel cuore di ogni uomo e che guarisce ogni ferita; il terzo trattava di un’amicizia gratuita, profonda e generosa come quella tra Gesù e un fanciullo che, quando Gesù non aveva nulla per sfamare la folla immensa che lo seguiva, si fece avanti con umiltà e gli porse una cesta contenente “solo” 5 pani e 2 pesci, ma Gesù si servì proprio di questi per moltiplicarli e saziare migliaia di persone; il quarto ed ultimo insegnamento presentava Giovanni, il discepolo amato, il quale seguì Gesù passo dopo passo e non lo abbandonò mai, lo seguì sotto la croce mentre Gesù soffriva e non esitò nemmeno un attimo, quando vide il sepolcro vuoto, ad annunciare la risurrezione di Cristo.                                         
Sono stati due giorni fantastici, due giorni in cui si è riusciti a distogliere la mente dal “mondo esterno” e ci si è “persi” dentro un mondo migliore, ricco di pace, serenità e Amore, l’Amore infinito di Dio.   E poi che dire? Sono tornata a casa consapevole di avere un Amico in più, anzi l’Amico per eccellenza: Gesù. E  come canta Laura Pausini nella canzone inno del campo “non chiederà né il come né il perché, ti ascolterà e si batterà per te e finché tu vivrai se un amico è con te, tu non ti perderai…..perché UN AMICO E’ COSI’,… Gesù è così!!!
                                                                                                                                                                          Cristina Scifo 

Giornalino n°59 - Ottobre 2014




Santa Faustina Kowalska


Nacque nel 1905 in Polonia. Ancora adolescente, abbandonò la famiglia e lavorò come domestica, per mantenersi e per aiutare i genitori. Sin da ragazzina sentiva la vocazione religiosa, ma non avendo il consenso dei genitori, cercava di sopprimerla. Sollecitata poi da una visione di Cristo sofferente, nel 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. La sua vita fu piena di grazie straordinarie: rivelazioni, visioni, stigmate nascoste, partecipazione alla passione del Signore, il dono dell'ubiquità, il dono di leggere nelle anime, il dono della profezia e il raro dono dello sposalizio mistico. Malgrado il dono di tante grazie straordinarie era consapevole che non sono esse a costituire l'essenza della santità. La missione di Suor Faustina è stata descritta nel "Diario" che essa redigeva. Il Signore diceva a Faustina: “Segretaria del Mio mistero più profondo, ...il tuo compito più profondo è di scrivere tutto ciò che ti faccio conoscere sulla Mia misericordia, per il bene delle anime che leggendo questi scritti proveranno un conforto interiore e saranno incoraggiate ad avvicinarsi a Me”. Morì a Cracovia il 5 ottobre 1938 all'età di 33 anni.