Cristo è risorto veramente! E dunque?

Buona Pasqua, amici miei! Buona Pasqua a tutti!


Il mio augurio si colloca, quest’anno, in un contesto nazionale e internazionale che non è dei migliori. Penso al Giappone, alla Costa d’Avorio, alla Libia, allo Yemen, a Lampedusa... La situazione internazionale suscita non poche e non lievi preoccupazioni e ciò che sta avvenendo in Nord Africa ci tocca da vicino, e non solo per la questione degli sbarchi nella nostra terra di Sicilia.


Penso alle centinaia di milioni di persone senza lavoro, soprattutto giovani.


È l’uomo che è minacciato, insidiato, colpito, ucciso.


Possiamo, in tale contesto, celebrare serenamente la Pasqua, che è «la festa più gioiosa e solenne di tutto l’anno liturgico», cantare la nostra gioia perché Cristo è risorto, e augurare «Buona Pasqua»? Il nostro atteggiamento e le nostre parole non potrebbero essere letti come disumano cinismo dinanzi alla evidente e dura sofferenza dei volti, in particolare di donne e bambini, che ogni giorno vengono fatti scorrere davanti ai nostri occhi?


È la difficoltà espressa dal nostro grande poeta, premio Nobel per la letteratura, Salvatore Quasimodo che, riecheggiando il salmo 137 e riflettendo sull’occupazione nazista, scriveva:


E come potevamo noi cantare


con il piede straniero sopra il cuore,


tra i morti abbandonati nelle piazze


sull’erba dura di ghiaccio, al lamento


d’agnelli dei fanciulli, all’urlo nero


della madre che andava incontro al figlio


crocifisso sul palo del telegrafo.


Alle fronde dei salici, per voto,


anche le nostre cetre erano appese,


oscillavano lievi al triste vento.


Sì, amici miei, non solo possiamo, ma dobbiamo annunciare con maggiore forza: «Il Signore è risorto! È veramente risorto!». Perché questo è un annuncio di speranza. Cristo, vittima innocente di violenza assurda, ha sconfitto la morte ed ha trionfato sulla cattiveria cieca.


Vi chiedo di prendere il vangelo di Matteo, capitolo 28, e di leggere con me i versetti da 1 a 10: Maria di Magdala e l’altra Maria vanno al sepolcro per visitare la tomba dove è stato sepolto Gesù. Un angelo del Signore, il cui aspetto è come folgore e il cui vestito bianco come neve, si avvicina a loro, rotola la pietra e vi si siede sopra. Le guardie si spaventano terribilmente. L’angelo dice alle donne di non avere paura e comunica che Gesù, il crocifisso, non è lì, perché è risorto, e chiede di comunicare la notizia ai discepoli con l’invito ad andare in Galilea per vederlo. Le donne, impaurite e gioiose, lasciano in fretta il sepolcro per andare dai discepoli di Gesù. «Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: “Salute a voi!”. Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: “Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”».


Rilevo solo una parola. Gesù chiede alle donne di andare dai suoi «fratelli». Chi sono questi fratelli? Sono coloro che lo hanno abbandonato, coloro che lo hanno tradito e rinnegato! Eppure Egli non cessa di chiamarli fratelli e di amarli come fratelli.


È vero che con la sua risurrezione il Cristo ha estirpato la radice del male, ma è anche vero che Egli «ha bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore» (Benedetto XVI, 14.4.2009).


Il Signore è veramente risorto! E dunque? Dobbiamo ripartire da Lui e, insieme con Lui, operare perché la comunità umana riscopra l’unica via percorribile per la felicità di tutti, che è la via della fraternità, della pace, della giustizia e dell’amore.


Con affetto crescente auguro a tutti voi buona Pasqua!





Ragusa, Domenica di Pasqua, 24 aprile 2011



Paolo, vescovo

Nessun commento:

Posta un commento